A Palenque mi è tutto chiaro: Pakal non era un alieno

Messico 2012-2013, VIAGGI

Dopo aver vissuto sulla Terra per 80 anni, Pakal il Grande sa che presto dovrà rassegnarsi a sparire. Questi esseri primitivi, di cui è riuscito adPakal era così? assumere le sembianze, hanno la seccante abitudine di morire. A volte lo fanno in modo repentino, altre proprio perché il loro corpo si consuma. E dopo 80 anni, di solito un corpo non è più efficiente.
Pakal guarda il cielo dall’osservatorio che ha fatto costruire.  L’enorme disco dell’astronave madre del suo popolo fa ombra sulla città che noi conosceremo come Palenque. Alza le braccia e sorride. Subito dopo, l’astronave madre attiva un raggio tele trasportatore e carica il Grande Pakal a bordo. Immediatamente, i sacerdoti commissionano a uno degli artisti residenti di documentare la scena che hanno visto e di farne una incisione. Noi la conosceremo come la lapide sepolcrale di Pakal e oggi si trova in un museo di Città del Messico.

Naturalmente, non è mai successo. Se un’enorme astronave si rendesse visibile a occhio nudo, l’attrazione gravitazionale sarebbe sufficiente per creare in un attimo uno scenario da apocalisse. Il nostro Pakal e i suoi sudditi non si sarebbero nemmeno accorti dell’arrivo dell’astronave, perché sarebbero morti sul colpo. Anche se non si distinguesse a occhio nudo, anche se si limitasse a essere in orbita geostazionaria, una grande astronave farebbe danni incalcolabili, modificando (per dire) il flusso delle maree. Se veramente ci fossero gli alieni in orbita geostazionaria attorno alla Terra, New York e Los Angeles, ma anche Genova e Napoli, sarebbero probabilmente sommerse dal mare. L’orbita geostazionaria (significa che un corpo si trova sempre sopra lo stesso punto della terra durante l’orbita) deve essere alta circa 36.000 chilometri. Lo ha stabilito Isaac Newton. In orbita geostazionaria sono i satelliti che ci permettono di vedere i programmi TV o di trovare l’indirizzo giusto in una città che non conosciamo. E’ troppo vicina per un’enorme astronave. Quella dell’astronave in orbita geostazionaria è, fra l’altro, una delle licenze poetiche di Star Trek (e si sa, io sono un avido fan di tutte le varie serie di telefilm riconducibili a quello originale del Capitano Kirk). Non fosse in orbita geostazionaria, non potrebbe usare il teletrasporto, per dire.
Ma torniamo a cosa succederebbe se un’astronave molto grande entrasse nell’atmosfera e arrivasse così vicina da poterla percepire come un disco volante. Non volendo precipitare, dovrebbe esercitare un peso enorme sull’atmosfera sottostante. Il risultato sarebbe che nessuno si fermerebbe con il naso in aria a guardare il disco volante, perché tutti sarebbero letteralmente sbriciolati dalla pressione. Un’astronave molto grande, per non fare disastri, dovrebbe volare così alta sopra la terra da impedirci di vederla.
Non scopro nulla. L’effetto della pressione fu scoperto verso il 1650. Prima di Newton. E nemmeno tutto questo ve lo vendo come conoscenza di Lawrence Kraussprima mano. Mi sono documentato con il libro di Lawrence Maxwell Kraus  ‘Oltre Star Trek, che porta come sottotitolo: La fisica dalle invasioni degli alieni alla fine del tempo. Che è una bellissima lettura, spiritosa e divertente, ma è comunque il frutto del lavoro non di un santone New Age, bensì  di colui che è stato Direttore del Dipartimento di Fisica della Case Western Reserve di Cleveland.
Insomma: i Maya non erano alieni. Nessuno dei loro Re (nemmeno Pakal) era un alieno. E non ci sono dischi volanti di alieni che svolazzano attorno alla Terra. Se non vi abbiamo convinto io e Kraus, spero vi convincerà il laconico commento che, durante un’intervista che mi concesse negli anni ’90, Margherita Hack fece sugli avvistamenti di dischi volanti: “Bischerate”.

Detto tutto questo, visitare la città Maya di Palenque è un’esperienza che haIl Tempio de Los Inscripciones a Palenque un fascino incredibile.
Io ci sono stato il primo gennaio, giornata festiva per eccellenza. Quindi, non l’ho trovata deserta. Semmai, l’ho trovata sguarnita di servizi (il museo era chiuso, ad esempio), ma tant’è. Però il colpo d’occhio offerto dal Tempio de Los Inscripciones resta memorabile.
Pare che il nostro Pakal non abbia aspettato una valutazione dei suoi eredi, per un monumento postumo, ma ne abbia ordinato la costruzione quando era ancora in vita. Che fosse un mausoleo lo disse con certezza l’archeologo Alberto Ruiz nel 1952, che fu il primo a entrare nella sala del sarcofago di Pakal (mi scordavo: K’inich Janaab’ Pakal, pare sia il nome giusto).  Dopo la morte, venne seppellito a Palenque.
Io non sono un archeologo, ma certo capisco bene quanto il Tempio (o la Piramide, vedete voi) sia maestoso. Salendo i ripidi scalini (è abbastanza rischioso: sono concepiti evidentemente per piedi più piccoli dei miei), si arriva a godere una vista formidabile anche del Palacio. Più in generale, fa impressione pensare alla fatica che ha fatto chi questi edifici li ha costruiti.
Tutti questi edifici furono eretti sotto il regno di Pakal il Grande, quindi nel 600. In realtà Palenque esisteva ben prima, ma dell’antica città (che non El Palacio a Palenquesi è mai chiamata Palenque: i fondatori la chiamarono Lakam per via dei corsi d’acqua e delle piscine naturali che la caratterizzavano; quando il frate domenicano Pedro Lorenzo de La Nada diede notizia della sua esistenza alla Corte spagnola nel 1567, i nativi la chiamavano Otolum, per via dei palazzi che emergevano dalla giungla) non è rimasto nulla.
I Conquistadores a Palenque non sono mai arrivati. Anche perché nell’800 fu abbandonata, come quasi tutte le città Maya, e per il 1500 era ormai ricoperta dalla giungla.
Gli studi su Palenque iniziarono nel 1800. Il francese Jean Waldeck prese talmente a cuore la documentazione del sito che finì con il trascorrere 2 anni vivendo all’interno delle rovine, appollaiato sopra la sommità di un Tempio (che oggi porta il suo nome) per non entrare troppo a contatto con gli animali della giungla.

Lasciando Palenque, ho percorso la passeggiata a fianco delle cascate. Ho perso l’orientamento e, per tornare all’auto, mi sono fatto un bel 2 chilometri in salita sotto il sole.
Non ci sono tantissimi siti Maya nel Chiapas, ma spostandosi di qualche centinaio di chilometri verso est, nello Stato del Quintana Roo, pullulano letteralmente. Non parlo solo del celeberrimo Chichen Itza. Ho visitato ad esempio Chaccoben, che non figura nemmeno sulla guida ‘Lonely Planet’, un sito antichissimo e letteralmente governato dalle scimmie urlatrici. Poi ho proseguito oltre Chetumal e raggiunto anche Kohunlich, celeberrima per Los Mascarones (enormi maschere di stucco), che però sono state rimosse per essere restaurate.
La civiltà Maya ha diverse ere. Quella del Grande Pakal è l’era classica, quella di Chaccoben è la pre classica, mentre Chichen Itza era abitata anche quando la civiltà Maya era ormai un ricordo.
Perché è finita la civiltà Maya, penso che non lo sapremo mai.

Capodanno 2013 a PalenqueLa Palenque moderna è una cittadina molto modesta. Più o meno tutto accade attorno alla strada principale. Per la sera del 31 dicembre, l’Ayuntamiento (il Municipio) di Palenque ha organizzato una esibizione dal vivo di un gruppo musicale, che ha proposto una selezione molto ampia di brani, senza suscitare particolare entusiasmo, se non con il Merengue dopo la mezzanotte. Allo scoccare del nuovo anno, non c’era nemmeno un count down ufficiale. Nessuno vendeva alcolici (per procurarmi una birra, ho praticamente dovuto implorare un ristorante e promettere che avrei riportato i vuoti), a meno che non si cenasse al tavolo di un ristorante (il menu fisso conteneva anche un vino espumoso). In compenso, si è fatto uso massiccio di fuochi artificiali, con gran  Il Comandante Strakerdispiacere degli storni, che si sono visti scacciare (causa: il rumore) dall’albero che avevano scelto per riposare.

Tornando agli alieni, ogni tanto mi capita di dare un’occhiata ai telefilm che hanno come protagonista il leggendario comandante Straker e che erano per me oggetto di culto quando frequentavo le scuole elementari. La strategia di Straker, americano che inspiegabilmente combatte gli UFO dall’Inghilterra, è quella di tenere all’oscuro la gente comune sul tentativo di invasione da un altro mondo. Perché ovviamente, i suoi UFO non sono tanto coglioni da farsi individuare a occhio nudo. Come potrebbe, chi è in possesso di una tecnologia che permette di viaggiare per anni luce, farsi beccare da chi sta facendo la grigliata o è in giro a osservare le stelle cadenti? Se c’erano arrivati nel 1969

1 thought on “A Palenque mi è tutto chiaro: Pakal non era un alieno

  1. …ma lo sanno tutti che gli UFO e/o ogni invasione aliena ostile si combatte dall’Inghilterra !!!!!Ma come! Non è forse dall’Inghilterra (spesso e volentieri dal Galles per essere precisi)che il Dottore ,affiancato dalla UNIT e da Torchwood,ha salvato il Natale e tutti gli altri giorni… per conferma chiedere alla Regina, se non è troppo impegnata con quel parvenue di 007 !!
    Che meraviglia e che mito il comandante Straker e i suoi completi marroncini, gli alieni che combatteva erano i più stupidi della Galassia…attaccavano al massimo in 3, facendo un casino del diavolo persino nello spazio(?!) e invariabilmente 1 si inabissava, 1 veniva centrato e l’altro atterrava per poi schiattare per via delle condizioni ambientali dissimili da quelle del suo pianeta, compiango chi non ha avuto la fortuna di vederli!!!
    Per tornare ai Maya, l’equivoco della tomba di PaKal nel Tempio delle Iscrizioni risale a quando non si erano ancora decifrati i glifi e anche ad un’errata visione della lastra. La corretta lettura prevede che la lastra sia guardata dal lato corto, con Pakal che “cade come il sole al tramonto nelle fauci dell’oltretomba” e l'”Albero del Mondo” cruciforme che sorge sopra di lui.Nel momento esatto della morte (rappresentato appunto nella lastra, posta al limite fra la terra e la tomba)il re assume l’identità del Dio del Mais (e potete immaginare quanto il Mais sia VITA in quel contesto). Ogni singolo altro simbolo sulla lastra è interpretabile. In cima arroccato sull’albero del mondo c’è un uccello soprannaturale, forse il Dio Itzamnà, lo sciamano originale, Pakal porta un gonnellino intrecciato tipico delle rappresentazioni del Dio del Mais. I re si rappresentavano spesso mascherati da dei. In tutto il mondo è così, l’imperatore in Europa ha sempre rappresentato l’autorità del Cristo in Terra…e l’albero vi dice qualcosa (?!)…siamo tutti Sapiens, il nostro pensiero simbolico è lo stesso in tutto il mondo e in tutte le ere.In questa immagine è rappresentato l’ingresso di Pakal nel terribile regno dell’oltretomba e nello stesso tempo il suo farsi “seme” quasi “partorendo” l’Albero del Mondo.
    D’altro canto…girate l’immagine e guardatela dal lato lungo : Pakal (con quel cranio deformato dalle fasce nell’infanzia, tipico della cultura Maya, segnale di estrema nobiltà e distinzione) è senz’altro un alieno che guida..beh… a prima vista potrebbe essere simile alle moto usate dagli Ewoks nel “Ritorno dello Jedi” oppure un complicato sistema di guida di un’astronave….effettivamente, senza anni di decifrazione di glifi, di osservazioni di immagini su altri supporti venuti alla luce durante gli scavi..perchè no?
    Per quanto riguarda la fine della civiltà Maya (non della popolazione che è ancora sul posto, magari un po decimata da noi Europei), le teorie più recenti convergono su di una crisi ambientale dovuta ad una prolungata siccità. Su quanto la storia dei Sapiens debba alle condizioni climatiche,alla geografia e alla distribuzione di animali “sfruttabili” o meno ,consiglio a tutti di leggere ogni libro scritto dal grande e purtroppo prematuramente scomparso Jared Diamond.
    In effetti, gli UFO di Straker emettevano quel sibilo terribile pur essendo successivi a ‘2001 Odissea nello Spazio’ e alle fantastiche immagini dell’astronave che galleggia nel silenzio dello spazio…

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