Zuppa di pinne di squalo: un pasto contro i miei principi

SCHIROPENSIERO

Il 7 di agosto sono andato contro tutti i miei principi (vedasi la categoria squali di questo sito) e ho mangiato la zuppa di pinne di squalo (vedi foto di copertina). Oltretutto, pagando una fortuna. Ma ne avevo sentito parlare così tanto, che quando l’ho vista in menu la mia curiosità è stata solleticata e non ho saputo resistere.

L’hotel Tayih Landis di Tainan ha un ristorante cinese che propone la famosa anatra arrosto alla pechinese. Ma i problemi di comunicazione (e la scarsa collaborazione di una nativa a cui avevo chiesto aiuto) hanno impedito di capire che il pennuto in questione andava ordinato con un paio di giorni in anticipo. Così, una volta arrivati a pranzo per l’ultimo giorno di permanenza a Taiwan e appurato che l’anatra non era disponibile, mi sono dovuto consolare.

Una cena decorosa in un ristorante di Taiwan costa l’equivalente di 10-15 euro a persona. Una cena importante in un ristorante importante arriva ai 30 euro. Se si cena in una steak house all’americana, si possono anche spendere 40-50 euro. Ma la zuppa di pinne di pescecane, da sola, costa l’equivalente di 60 euro. Così, quando al mio tavolo l’abbiamo ordinata in 2, la titolare si è affrettata a venire al nostro tavolo per verificare se la cameriera aveva capito bene l’ordine.

Come dice Wikipedia: “Le pinne di squalo non hanno un sapore particolare per sé; la loro fama nasce piuttosto da come sono presentate e da come riescono ad assorbire il sapore degli altri ingredienti”.
Confermo in pieno: la zuppa si presenta come una specie di brodo molto denso, quasi dall’aspetto di passato di verdure. All’interno c’è una presenza gommosa, che è la pinna in sè. Spesso tagliata per solleticare l’occhio del cliente con una forma accattivante. La zuppa viene servita con diverse verdure da aggiungere a piacimento.
Bevuto il brodo, si passa alla pinna, che prima della cottura è stato pulita dalla pelle, poi essiccata e quindi ammorbidita.

Questa foto è stata scattata in un mercato di pinne di pescecane a Dubai

Per la zuppa si usano sia le pinne dorsali che pettorali dello squalo. Le pinne vengono procurate tramite un metodo molto crudele, detto finning (fortunatamente vietato in Europa, anche se ovviamente ci sono sempre i bracconieri): si pesca lo squalo, si tolgono le pinne e lo si ributta in mare, visto che la carne di squalo non è molto ricercata e lo spazio sui pescherecci è poco. Con il risultato che lo squalo muore soffocato o mangiato da altri squali.
Sono particolarmente richieste le pinne dei pesci sega, animali a fortissimo rischio d’estinzione. Ma lo squalo tigre, il mako, il comune squalo grigio, lo squalo leuca o anche lo smeriglio e la verdesca (comuni nel Mediterraneo; non a caso, Italia e Spagna sono trai principali fornitori di pinne di squalo ai mercati asiatici) servono alla bisogna.

Al di là della crudeltà verso i singoli soggetti pescati, la pesca indiscriminata degli squali rischia di sconvolgere l’equilibrio dell’ecosistema che questi predatori regolano con la loro presenza da milioni di anni. E purtroppo le cose non sono destinate a migliorare tanto facilmente, visto che l’aumento di benessere in Cina ha aumentato la richiesta di pinne di squalo.
Sull’argomento è molto interessante il documentario Sharkwater, che si può rintracciare a pagamento (noleggio o acquisto) su youtube

Pieno di rimorsi di coscienza per aver consumato una zuppa di pinne di squalo (ma la mia parte razionale, e paracula, diceva che tanto quello squalo lo avrebbero ucciso comunque), mi sono recato prima al Municipio di Tainan (è l’unico posto che sono riuscito a indicare al fattorino dell’albergo che chiama i taxi), per vedere con la luce del giorno il parco intitolato a Tang De Jhang, il candidato Sindaco giustiziato nel 1947 dal Kuomintang cinese perché sospettato di essere un separatista. Mi sono poi incamminato verso Anping e il forte che nel 1700 rappresentò il primo insediamento olandese sull’isola. Ma mi sono sostanzialmente perso. Mi sembrava tutto chiaro dalla cartina che avevo consultato alla fermata dell’autobus, ma ho finito con il girare intorno. Così quando sono arrivato ad Anping, ho constatato che era ora di saltare su un taxi e tornare in albergo. Già così, sono arrivato un 10 minuti in ritardo al check out e con l’autista che mi doveva portare all’aeroporto già in pensiero.
Sono arrivato anche tutto sudato in albergo. L’umidità di Taiwan non perdona noi occidentali. La passeggiata è stata comunque molto soddisfacente, specie il tratto che ho percorso costeggiando 2 campi da baseball ricavati letteralmente in mezzo ai grattacieli.

Campi da baseball in mezzo ai grattacieli, lungo la mia passeggiata a Tainan

Sul Mondiale Under 12 mi resta da scrivere solo un articolo di considerazioni tecniche.

6-CONTINUA