Sulla via del Tarabuso, con il 2004 finisce il ciclo del cronista itinerante

Diario di un cronista itinerante

Per chi lavora in una Federazione Sportiva (FSN, secondo l’acronimo ufficiale del CONI) c’è solo una cosa veramente brutta: l’anno elettorale. Perché nell’anno elettorale lo sport passa in secondo piano. Di anni elettorali io ne ho vissuti 3, di cui il 2004 è stato il primo (gli altri sono stati il 2008 e il 2012), e inevitabilmente ne vivrò un altro nel 2016, con un misto di abitudine e rassegnazione. Sono rassegnato al fatto che vedrò ancora saltar fuori nemici del Presidente, che si contrapporranno agli amici del Presidente. Ma il bello sarà che, tutti i nemici e anche molti amici, non è che si capirà perché sono nemici o amici. Si saprà solo che hanno bisogno fisico di qualche carica. E’ questo che è veramente brutto. Si può essere avversari, se si pensa che con idee diverse da quelle di chi è in carica si possa far meglio. Ma che tristezza, quando le idee di chi è in carica non contano e si è avversari solo perché si cerca di liberare una poltrona.
Siamo alla fine dei Diari del 2004, ma prima di riportare quello che manca, focalizzo la mia attenzione sulla chiusura del Forum di Baseball.it.
Scrive il
2 settembre Alessandro Labanti: “Finché la discussione è stata in toni magari spinti ma civili abbiamo sopportato, quando si passa la misura e rispondiamo -chi scrive e l’editore- direttamente in sede penale e civile poiché siamo una testata registrata non possiamo più starci.
E’ spiacevole ma non avevamo altre possibilità”.

3 settembre- Scrivo una lettera a Baseball.it

L’uso del forum è andato oltre ogni logica e umana possibilità di tolleranza. Parlo per me, sia chiaro, ma c’è chi potrebbe sentirsi più offeso del sottoscritto. Ad esempio un allenatore della nazionale che si sente dire dell’incompetente o addirittura il Presidente Federale che si sente tacciato di ignoranza.
Torno però a me. Non posso accettare che qualcuno, difendendosi con l’anonimato, faccia illazioni sul mio conto del tipo ogni oriundo che gioca in nazionale ti arrivano dei soldi. Questa è un’offesa alla mia dignità personale e alla mia etica professionale. Il mio mestiere è scrivere articoli, organizzare conferenze stampa, fare radio e telecronache, condurre serate.
Per questo mi faccio pagare, credo il giusto, comunque secondo quanto il mercato mi consente di chiedere. E dichiaro tutto al fisco, fino all’ultimo centesimo.
Come dice un visitatore del forum, chi ha ruoli centrali deve sapere che potrà finire sotto tiro. E io lo accetto. Sono disposto a rispondere per filo per segno a chi mi critica il Diario, a sacrificare il mio tempo per spiegare i dettagli del nostro piano televisivo, ad esporre i motivi per cui secondo me una telecronaca di baseball si fa come la faccio io e non come la fanno Elio e Faso su Sky. Ma gli insulti non sono disposto ad accettarli in silenzio. Da un ex Chierichetto forse non ve lo aspettavate, ma il “porgi l’altra guancia” è un comandamento che non ho mai rispettato.
Mentre scrivevo sono stato informato del fatto che l’editore ha deciso di chiudere il forum. Mi dispiace. Credo sia una grande sconfitta. Per chi lo ha aperto, ma soprattutto per chi non è stato capace di usarlo. E’ una grande sconfitta soprattutto per il baseball. Che non si riesce a liberare dal cancro del sospetto a tutti i costi, dell’orticello da difendere, dell’invidia verso chi occupa posizioni che si ritiene spetterebbero a qualcun altro. Sapete cosa mi dispiace veramente? Che rappresentando questo baseball, non me la sento di andare a chiedere più visibilità. Alla RAI come a Tele Condominio.

Roberto Sieni, uno dei miei più agguerriti critici di allora, si inalbera perchè non dovrei lanciare accuse generiche, ma sul fatto che questo lato del nostro baseball non meriti più visibilità, mi dà clamorosamente ragione. E adesso, arriva un vero Diario.

8 settembre- Che gioie, gli azzurrini

Bill Holmberg al Mondiale Juniores 2004
Bill Holmberg, manager azzurro, al Mondiale Juniores 2004

Non so voi, ma io sono molto orgoglioso di come si sta comportando la nazionale juniores al Mondiale di Taiwan. Inseriti in un girone impossibile, gli azzurrini hanno battuto Panama (“la miglior squadra juniores mai selezionata da noi”, parola di un collega del Centro America; in effetti, Panama aveva in rosa 6 ragazzi già sotto contratto con organizzazioni di Major) e il Sud Africa e si sono piazzati terzi. Davanti anche all’Australia (che pure ci ha battuti) e che aveva in rosa 9 professionisti (5 sotto contratto con squadre di Major e 4 con la federazione downunder) e 5 residenti alla loro Accademia (la nostra, di Accademie, aprirà solo pochi giorni dopo, come leggerete nel diario dell’11 settembre). Oltretutto l’Australia ha una selezione di nati nel 1986, mentre alcuni dei migliori talenti azzurri (De Simoni su tutti) hanno davanti altri 2 anni da juniores.
Altro: nel 2000 e nel 2002 ci siamo piazzati undicesimi. Qui, se va male, arriveremo ottavi. Nella prima fase del Mondiale 2002 perdemmo tutte e 5 le partite, 3 per manifesta inferiorità e le altre 2 11-2 contro Panama e 19-7 con l’Olanda. Segnammo 15 punti, subendone 75.
Quest’anno chiudiamo a 16 segnati e appena 24 subiti.
Insomma, io esulto. Non so voi. E spero che chi non ha usato mezzi termini per parlare e scrivere delle Olimpiadi non ne usi anche ora che c’è da parlare e scrivere, ma in positivo.
Imparare nella vita è bello e importante. E io sono grato al vice direttore della Gazzetta dello Sport Franco Arturi, perchè mi ha insegnato che mettere in dubbio il lavoro fatto dal suo giornale su baseball e softball può essere definito “volgare ingiuria”. Non sapevo che ingiuria significasse questo. Ho anche cercato sul dizionario: “offesa rivolta al nome e all’onore altrui”. Offesa (sempre secondo il dizionario: “l’atto dell’attaccare”)? Prendere atto che il più diffuso quotidiano sportivo italiano ha sbagliato il risultato della gara che assegnava lo scudetto di baseball 2003 è un attacco al nome e all’onore? E porsi il dubbio che, alla luce di questo precedente, altri giudizi andassero forse soppesati meglio è un altro attacco?
E’ vero, ho detto che scrivere che “in 60 ad Atene per questo fallimento” (il concetto, non la frase testuale del cronista del foglio rosa) è un giudizio ignobile. Che, sempre secondo il mio dizionario, significa: “che, chi denota meschinità d’animo”. Duretto, forse. Ma anche inappropriato? Ditemelo voi…
Visto che sono felice per quel che sta facendo la nazionale juniores, mi sono deciso a fare un passo che meditavo da tanto tempo. Al diavolo la tecnologia, ho collegato all’impianto stereo il mio vecchio giradischi per ascoltare i dischi in vinile dei miei 20 anni. Che è vero: frusciano, si sentono peggio dei cd e ogni 20 minuti hanno una facciata che finisce. Però mi hanno permesso di fare un incredibile viaggio alla riscoperta di emozioni che erano state sepolte dal tempo che avanza.
Notizie dalla mia dieta: gli effetti si vedono soprattutto sul campo da softball (slow pitch). Le abituali battute sull’interbase, nelle quali sono ultimamente specializzato con situazione di corridore in prima e 1 out, portano sempre all’eliminazione del mio compagno, ma la mia ritrovata velocità (sulle 60 yard sono accreditato di 11 o 12 secondi) mi consente almeno di non cadere in un doppio gioco, che a slow pitch è quasi umiliante come uno strike out.

Siamo comunque in campagna elettorale.
Angelo Introppi, che oggi ha un suo blog e ha sostenuto un paio di candidati da zero virgola alle elezioni, allora collaborava a Baseball.it. Dopo aver scritto (2001) che Riccardo Fraccari poteva garantire quel qualcosa in più
al baseball italiano, il 13 ottobre sentenzia: “Francamente non mi è proprio piaciuta l’idea di indire le elezioni per il prossimo quadriennio olimpico il 24 ottobre prossimo (…) stiamo per andare in bocca al lupo mannaro, attorniato dagli yes-men che lo assecondano in ogni sua decisione”.

13 settembre- Se a un Mondiale vince la pioggia

Sono in serio imbarazzo. Non posso infatti far finta che il Mondiale juniores sia stato una competizione regolare e, allo stesso tempo, non voglio sentirmi dire che questa è un’osservazione che non dovrei fare, in quanto Addetto Stampa di una Federazione (vista la paranoia dilagante, conosco chi potrebbe inalberarsi perchè ho usato la F maiuscola…in effetti, l’ho fatto di proposito).
Il punto è che il Mondiale juniores si è chiuso con la disputa di 2 quarti di finale, uno interrotto con la squadra in svantaggio (Panama, sotto 1-0 col Giappone) in rimonta, e con semifinali decise d’ufficio dai piazzamenti della prima fase. Nella sostanza, ha assegnato un titolo iridato che vale più o meno nulla. In questo senso: è probabile che Cuba (e lo dimostrerebbero anche le medie individuali) fosse la squadra più forte, ma se un torneo prevede i play off e gli incontri ad eliminazione diretta non si giocano, dove sta il significato del torneo? Sarebbe come se, causa maltempo, avessimo assegnato nel 2002 lo scudetto al Bologna perchè era arrivato primo in regular season. Bell’affare ci avrebbe fatto il Rimini, che lo ha poi effettivamente vinto imponendosi negli incontri ad eliminazione diretta con Grosseto e Nettuno, che aveva a sua volta eliminato Bologna.
C’è anche di più: io ho seguito di persona la Coppa Intercontinentale 2002 a Cuba e la Qualificazione Olimpica delle Americhe nel 2003 a Panama. Ebbene: entrambi i tornei hanno rischiato di fare la fine del Mondiale juniores a causa della pioggia.
Va bene tutto, ma comincia ad essere difficile credere alle casualità. Nessuno ha evidentemente preso in considerazione l’ipotesi che nei paesi tropicali durante la stagione che noi chiamiamo autunno (e che in quei luoghi non esiste) piove. Piove forte, a dirotto e per giorni di fila. Nella fattispecie, il Mondiale juniores è stato oltretutto collocato in date che hanno reso problematico per gli Stati Uniti e il Giappone varare le migliori selezioni possibili, perchè nel frattempo gli anni scolastici e accademici sono ricominciati. Giusto per andare a cercare i giorni più piovosi?
C’è un’altra ipotesi che nessuno ha preso evidentemente in considerazione: che il calendario internazionale così com’è sia troppo denso di avvenimenti. Un dato che dovrebbe far pensare è che gli unici paesi che organizzano volentieri competizioni sembrano essere al momento Cuba e Cina Taipei. Il baseball, insomma, ha bisogno di una seria riflessione. Deve chiedersi se avere di fatto 5 Mondiali (assoluto, universitario, juniores, Coppa Intercontinentale e, presto, Mondiale Major League; come noto, si chiamerà World Baseball Classic) oltre alle Olimpiadi possa avere un senso.
Dal nostro punto di vista di Italiani, il bislacco finale del Mondiale AAA potrebbe anche non essere del tutto negativo. In fondo ci troviamo in tasca un quinto posto (benchè a pari merito con Panama, Olanda e Taiwan) che non sarebbe stato facile conquistare sul campo.
Io dico inveve che è un peccato che questa squadra non abbia giocato fino alla fine. Avrebbe dimostrato tutto il suo valore al cospetto di formazioni che sono l’espressione della crema del baseball giovanile mondiale. Io sarei poi stato particolarmente curioso di vedere come andava a finire la sfida con l’Olanda, che è avanzata alla seconda fase come quarta di un girone di 5 squadre (il Venezuela non si è presentato, esattamente come fece Guam al Mondiale 2003 e come fecero le Bahamas alla Qualificazione Olimpica americana…sigh!) e che ha battuto in questo Mondiale solo la Germania.
Mentre il destino della fase finale del Mondiale juniores si compiva, io ero a Tirrenia. In quel momento il baseball italiano stava compiendo un passo che lo cambierà per sempre. Da sabato 11 settembre ci sono 10 ragazzi che vivono al centro CONI e che sono giocatori di baseball a tempo pieno. Sono i pionieri del professionismo italiano nel baseball.
Non so se resteranno nella storia le loro imprese sportive, ma sono certo del fatto che verranno ricordati per avere avuto il coraggio (loro e le loro famiglie) di investire sul baseball.
E’ un sogno? Non lo sappiamo. Di certo però non posso negare che, mentre li osservavo aggirarsi per i corridoi della loro nuova residenza, anche un po’ smarriti nelle loro tute nuove, ho pensato che darei chissà cosa per poter vivere la loro esperienza.

Come sono andati i primi 10 anni di Accademia FIBS, lo potete leggere nel mio libretto celebrativo. E’ stato stampato in tiratura limitata, ma ne è disponibile una versione elettronica sul sito della Federazione

20 settembre- Quanta America nelle nostre vite

Jim Caple come si vedeva all'epoca delle Olimpiadi di Atene
Jim Caple come si vedeva all’epoca delle Olimpiadi di Atene

L’articolo che mi ha fatto più arrabbiare sul baseball olimpico (che è un bel primato, visto che leggendo articoli sul torneo di baseball ad Atene mi sono arrabbiato quasi sempre) lo ha scritto un certo Jim Caple per Espn.com.
A parte le vagonate di guano scaricate sull’Italia intesa come nostra nazionale (dico a parte, perchè mi posso arrabbiare poco con un americano, visto che anche gli italiani si sono scordati che abbiamo battuto Taiwan, che proprio per quella sconfitta è rimasta tagliata fuori dalle prime 4…) e un discutibile umorismo a sfondo razzista (“pensate che l’Olanda ha giocato con 8 neri in campo, non succede neanche in Major“), quel che mi ha fatto arrabbiare di questo articolo è come tratta l’assenza degli Stati Uniti: come un affronto di lesa maestà.
Caple si scorda di spiegare che gli Stati Uniti non hanno partecipato, ma non perchè qualcuno non li ha voluti o perchè un’ingiustizia è stata perpetrata a danno della terra della libertà e casa del coraggioso. Semplicemente perchè alle Qualificazioni Olimpiche delle Americhe sono stati eliminati.
Il torneo aveva una formula ridicola? E’ vero. C’ero e posso confermarlo. Ma cos’hanno fatto gli Stati Uniti per cambiarla, prima che il torneo iniziasse?
Due posti per le Americhe sono pochi? Sono d’accordo. Ma perchè a Sydney bastavano? E a Sydney sarebbe stato sufficiente non ammettere di diritto il Sud Africa, per avere 3 americane. Perchè a rimaner fuori 4 anni fa toccò al Canada e non agli Stati Uniti, forse?
Jim Caple ragiona come il responsabile dell’aeroporto “Kennedy” nel film The Terminal di Steven Spielberg. Ovvero: le cose devono andare in un certo modo e chi esce dallo schema prestabilito…semplicemente non esiste. Per Caple l’Europa nel baseball (“quasi non si gioca a baseball e hanno 2 posti alle Olimpiadi“), per il personaggio interpretato da Stanley Tucci (rasato a zero non sembra neanche lui!) il viaggiatore che viene da un paese nel quale c’è stato un colpo di stato (nel film un grande Tom Hanks) e il cui nuovo Governo non è ancora riconosciuto dagli Stati Uniti.
Il film di Spielberg è in questo senso facilmente interpretabile come critica pungente a un certo modo di pensare in voga nella maggior potenza mondiale. Oltretutto narrato con grazia e senza tralasciare i soliti paradossi di questo grande artista. Il personaggio interpretato dalla Zeta-Jones, ad esempio (detto fra noi: bellissima!) che è onestamente scritto male. O forse è una parodia. E’ difficile saperlo. E non avremmo indizi nemmeno chiedendolo allo stesso Spielberg, che quasi di sicuro risponderebbe di rilassarsi e non cercare troppi significati nascosti perchè “it’s only a movie”.
Mi sto rassegnando al fatto che l’umanità non viaggerà tra le stelle. Almeno non nel modesto (in termini di tempo, vorrei specificare) periodo di permanenza in vita del sottoscritto. Mi sta illuminando al riguardo un libro del fisico americano Lawrence M. Kraus dal titolo “Oltre Star Trek”. Costruire un motore a curvatura si può anche fare, ma alimentarlo è evidentemente troppo costoso, per la seccante scarsità di anti materia che c’è sulla Terra. E ricavare tutta l’anti materia che servirebbe non sarebbe nemmeno impossibile, solo occorrerebbe più tempo che non a viaggiare verso le stelle con un sistema di propulsione tradizionale. Non nascerà una Federazione dei Pianeti, quindi.
Il libro di Kraus mi regala però questa citazione che voglio condividere con voi: “Penso si debba considerare aperto chi è disposto a costringere la propria immaginazione a seguire le indicazioni a volte sottili della natura e non chi è pronto ad accettare in modo acritico un universo che riflette le sue teorie preferite e i suoi desideri“.
Apprendo dai giornali che ci ha lasciato Johnny Ramone. E’ il terzo componente del gruppo rock dei Ramones a scomparire (dopo Joey e Dee Dee). Gli idoli d’infanzia dovrebbero avere il buon gusto di non farci certi tiri mancini, in effetti.
Ai Ramones è legata la mia prima notte fuori casa. Durante un loro concerto al “Vigorelli” di Milano crollò un palo che sosteneva le luci. Nessuno si ferì, ma il concerto venne sospeso per parecchio tempo e si concluse oltre l’una di notte. Il che significò tornare alla stazione Centrale a piedi e lì bivaccare fino al primo treno per Parma. Varcai il portone di casa alle 8.30 della mattina. Era domenica e la portinaia mi disse: “Sei mattiniero, oggi”.
Cosa posso dire? Solo Hey, oh…let’s go!.
Conclusione numero uno: la scorsa settimana ho scritto che il Rimini non si era piazzato primo nella regular season 2002. Errore, aveva agganciato Bologna all’ultima giornata ed era risultato primo per gli scontri diretti. E la morale è: mai fidarsi della memoria, specie quando l’età avanza.
Conclusione numero due: Jim Caple è americano. Steven Spielberg è americano. I Ramones sono americani. Il baseball è americano. Quanta America nelle nostre vite….

5 ottobre- La via del Tarabuso

Un bell'esemplare di Tarabuso
Un bell’esemplare di Tarabuso

Da quando possiedo un Tarabuso impagliato, la mia vita è evidentemente diversa.
Rientrando a casa distratto, mi trovo spesso a sbarrare gli occhi e pensare: “Cosa ci fa quel beccaccione vicino al camino”. Mia moglie sostiene che il nostro amico Botaurus (nome scientifico di questo uccello) le fa anche paura.
Credo sia lecito vi poniate la domanda del perchè io possiedo un Tarabuso impagliato. La risposta più semplice è: perchè un collaboratore di Baseball.it me lo ha dato in cambio di una mazza in legno (rotta) che avevo trafugato qualche anno fa dal dug out di una squadra. Cosa se ne faccia di una mazza rotta, non lo so. E sono certo che nessuno di voi si curerebbe di conservarla.
Come? Nessuno di voi si curerebbe di conservare nemmeno un Tarabuso impagliato? Giusta osservazione. Ma il Tarabuso è il simbolo della squadra di softball amatoriale della quale sono presidente, manager e prima base. Squadra la cui esistenza è fondamentale per rendere più umanitario il mio modo di criticare prima base e battitori quando commento la gara della settimana. Sarete tutti d’accordo sul fatto che è una istituzione benemerita.
Ma eravamo rimasti al Tarabuso. Tutto nacque quando un nostro compagno di squadra vinse il premio di MVP di un torneo nel quale avevamo appena perso la finale con un clamoroso errore del prima base (smettetela di ridere: quel giorno giocavo catcher…ripeto, smettetela di ridere: con pettorina e schinieri sto benissimo). Quando ritirò il premio, un altro compagno di squadra lo apostrofò come segue: “Sei un TROMBONE“. Definizione che molti confermerebbero, se leggessero gli editoriali del sopra citato MVP che appaiono su un sito gemello di questo (parlo di www.softball.it, che oggi non esiste più). Ma stiamo divagando. Comunque, per uno strano impulso io andai a cercare sul dizionario la parola trombone. Ricavai ovviamente il significato “strumento a fiato etc. etc.” ma anche un più intrigante “altro nome dell’uccello Tarabuso, così detto perchè emette un suono del tipo oueump, oueump. Ricercare la parola Tarabuso sul dizionario di Inglese fu il passo successivo e arrivai al termine Butterbump. Che dà al momento il nome alla squadra. D’altra parte, se esistono gli Orioles e i Cardinals, non vedo che tipo di controindicazione ci sia all’esistenza dei Butterbumps.
Non mi sono invece al momento curato di verificare con qualche orchestrale se in effetti può essere corretto dire che un trombone emette il suono oueump. Ma questo è un altro discorso.
Notizie dalla mia dieta: al momento risulta ufficialmente sospesa. I ripetuti attentati di mamme e nonne di collaboratori di Baseball.it residenti sulle rive del Tirreno mi hanno convinto ad optare per un contenimento dei danni e a riprendere dopo che lo scudetto sarà stato assegnato.
Con questo, mi auto sospendo dai commenti fino a data da destinarsi. E di certo, fino al 24 di ottobre. In campagna elettorale non sarebbe certo corretto da parte mia scrivere questa rubrica. Certo, in questo paese ci sono conflitti d’interesse peggiori. Ma nel mio piccolo preferirei non ricevere accuse di quel genere.
Vi lascio con una affermazione: non vedo me stesso inserito in una Federazione che non sia guidata dall’attuale presidente Riccardo Fraccari. O, in un futuro che presumo comunque remoto, da qualcuno che ne abbia condiviso il progetto che io ho abbracciato.
Con crescente entusiasmo, aggiungerò.

Non posso che riconfermare oggi, 2 agosto 2014, 3 delle ultime 4 righe. Sul crescente entusiasmo, ci rifletto un attimo…
Quello del
5 ottobre è stato l’ultimo Diario di questo ciclo della rubrica, che avrà una sua conclusione (pubblicherò quei Diari su questo sito) nella primavera del 2007. Il 24 ottobre 2004 Riccardo Faccari è stato confermato presidente della FIBS con il 74.1% dei voti contro Pasquale Donato (cordata Patti Chiari, Antolini-Sforza) 25.6% e Guido Ballari 0.3%.