Riflessioni su “Tutti i santi giorni” di Paolo Virzì

CINEMA, SCHIROPENSIERO

Mi è molto piaciuto ‘Tutti i santi giorni’, il nuovo film del regista livornese Paolo Virzì (‘La bella vita’, ‘Tutta la vita davanti’ e ‘La prima cosa bella’ sono i suoi lavori più celebrati). Azzardo che, secondo me, è il migliore dei suoi film.
In particolare, mi sono piaciuti i personaggi di Guido e Antonia, i protagonisti. Guido è intepretato da Luca Marinelli, un attore approdato in teatro a 18 anni e che al cinema ha esordito con ‘La solitudine dei numeri primi’ di Costanzo junior, tratto dal romanzo best seller di Giordano. Antonia è intepretata da Vittoria Caiazzo, in arte Thony, una cantautrice che si cimenta per la prima volta come attrice. La genesi dell’approdo di Thony sul set è interessante: Virzì ha ispirato il suo film al romanzo ‘La generazione” di Simone Lenzi (livornese come lui). Lenzi ha ascoltato le canzoni di Thony via My Space e ha segnalato questa siciliana di madre polacca al regista per scrivere la colonna sonora. Cosa che Thony ha fatto, salvo poi interpreare anche il ruolo della protagonista.

Antonia e Guido di "Tutti i santi giorni"Thony è molto bella. E anche molto convincente e spontanea (il suo dialetto siculo è finalmente vero, non una macchietta come di solito si sente nei film) Ma io mi sono letteralmente innamorato di Guido. Colto (Antonia lo chiama Guidopedia) e di modi gentili, Guido si esprime in modo esageratamente forbito. Ha rinunciato a fare il lettore in un College statunitense e lavora come portiere di notte di un hotel. Diciamo che si accontenta, che è modesto. Ma lo diciamo in maniera positiva, perchè lui si accontenta di quello che ha, ovvero una storia bellissima con Thony. Una ragazza che è il suo opposto e che rischierà di diventare la sua nemesi.
Non ho intenzione di raccontare tutto il film, ma di focalizzare la mia attenzione su alcune scene.
La prima: Thony suona in un postaccio, dove la gente fa tutto tranne che ascoltarla. Guido (inopportunamente, va riconosciuto) chiede agli avventori di fare silenzio e mostrare rispetto. Quando uno degli avventori si alza aggressivo, all’evidente intento di provocarlo, lo spinge e lo fa cadere.
La seconda: Antonia comunica a Guido di averlo tradito, con uno che le fa anche schifo. Risposta: “Mi spiace per te”.
La terza scena: Guido torna al pub dove Antonia aveva suonato e chiede spiegazioni su dove potrebbe trovarsi Antonia, che lui sta cercando. Viene trattato malissimo e reagisce: “Ma come fate a trattare così una persona?”. Viene picchiato e cacciato al grido: “Qui non vogliamo i violenti”.
La quarta e ultima scena: Guido sull’autobus con il naso sanguinante e nell’indifferenza generale. Un’anziana gli porge un fazzoletto.

Secondo me, queste scene sono un gran bel ritratto dell’Italia di oggi. Un paese nel quale i toni miti sono stati dimenticati e nel quale chiedere rispetto porta a rischiare di subire violenza. Un paese nel quale, forse, è necessario rivalutare atteggiamenti e modo di comportare di un paio di generazioni fa.

Mi sento molto solidale con Guido. Sia chiaro, io non sono mite come lui (e infatti, mi sono innamorato…), però come lui ho provato questa sensazione. Da un paio di mesi a questa parte mi sono sentito dire di tutto: bamboccio, pupazzo, incompetente, servo. E quando ho provato a rispondere, mi è stato detto che nella mio posizione dovevo stare zitto.

Ma la mia è una storia a lieto fine. Come a Guido, anche a me è capitato che qualcuno mi ha porto un fazzoletto per fermare il sangue che colava dal naso.