Parliamo un po’ di crisi

ECONOMIA, SCHIROPENSIERO

Una sera del 1992 al Teatro Regio di Parma Giorgio Gaber si mise a parlare della crisi economica, che aveva portato il Presidente del Consiglio Giuliano Amato a varare una serie di misure straordinarie, tra le quali il famigerato prelievo forzoso dai conti correnti (io non avevo una lira, non lo ricordo come evento traumatico….).
Giorgio GaberDisse Gaber, più o meno: “Non capisco, fino a qualche mese fa andava tutto da dio, e adesso siamo in crisi?”.

L’artista voleva ovviamente fare dell’ironia sui proclami stile “La nave va” di Bettino Craxi e sul fatto che, solo pochi anni prima, l’Italia fosse stata ammessa al novero dei 7 paesi più industrializzati al mondo (G7, oggi G8 con la Russia). In verità, in quegli anni ’80 l’Italia era stata definita anche la sesta Economia Mondiale, davanti alla Gran Bretagna e a ridosso della Francia e le agenzie di rating attribuivano l’agognata Tripla A al suo debito pubblico. Tripla A che l’Italia, proprio in quei giorni di crisi, stava perdendo e non avrebbe più ottenuto.

Per inciso: non è che delle agenzie di rating ci sia sempre da fidarsi. Un po’ perchè sono fatte da uomini, quindi inclini agli errori. Un po’ (un po’ di più…) perchè si tende a scoprire che a volte il loro rating alto è misteriosamente correlato con il fatto che chi viene valutato è anche loro cliente (le agenzie hanno fatto sapere che gli analisti e il marketing lavorano in maniera indipendente, quindi questa correlazione resta un mistero davvero…misterioso). Avvenne con il debito pubblico della Grecia, che al momento del varo dell’euro era ritenuto affidabile quanto quello della Germania. Oggi il Regno Unito, che in quanto a debito non è messo molto meglio di noi e sicuramente è messo peggio della Francia, ha una incomprensibile Tripla A.

Ma torniamo a Gaber. Perchè in effetti allora la frase mi fece ridere, ma oggi mi torna in mente.
Ho spesso a che fare con gli statunitensi e ultimamente mi è stato ripetutamente chiesto come vanno le cose con la crisi in Italia. Perchè gli statunitensi hanno in mente un’Italia da scenario apocalittico, con i supermercati vuoti e il cibo razionato. Per questo, bontà sua, il nostro ex (per fortuna e…a non risentirci) Presidente del Consiglio Berlusconi si è sempre affrettato a spiegare che il Belpaese ha il record dei telefonini venduti e che quindi non è in crisi. Essendo di un’altra categoria, Berlusconi spesso puntualizzava anche che il problema era che lo Stato non funzionava bene (lui, Capo del Governo, cosa c’entrava?). Ma l’economia italiana era solida.

Ora: l’economia italiana E’ importante. Ed è proprio per questo che la crisiMario Monti del debito italiano è molto grave.
Crisi del debito vuole, nella sostanza, dire che c’è timore che l’Italia non riesca a rimborsare il debito che ha nei confronti degli investitori. Che non siamo noi comuni mortali, bensì le grosse banche estere. Il prode Silvio e il suo (poi disconosciuto) genio della finanza (volutamente minuscolo e corsivo) Tremonti ci hanno sempre raccontato che, per fortuna, molta parte del debito italiano è in mano alle banche italiane. Oggi ci dicono (ad esempio il “Financial Times” di mercoledì 18 gennaio) che questo può rappresentare un problema.
Di sicuro, rappresenterebbe un problema enorme in caso di default, ovvero di fallimento. Se l’Italia non riuscisse ad onorare il suo debito, lo stesso dovrebbe essere ristrutturato. Termine elegante per dire che qualcuno non riavrebbe i suoi soldi.
Cerchiamo di essere pratici: se questo (non riavere i suoi soldi) succede alla banca dove ho io il mio conto corrente e la banca a sua volta fallisce, benchè io possa vantare (per tornare a Silvio) 2 o 3 telefonini di ultima generazione, quando inserirò il bancomat nell’apposita fessura mi tornerà indietro la tesserina magnetica stessa ma non quei simpatici foglietti in filigrana. Che non daranno la felicità ma, per parafrasare Luca Carboni, figurati chi non ce li ha.

Il vero problema della crisi in Italia e nella Unione Europea, secondo me, è che i Governi hanno paura a prendere le iniziative necessarie. Paura, perchè chi li sostiene teme che misure impopolari significhino meno voti. E chi non li sostiene (vedi la Lega Nord) soffia sul fuoco della protesta sperando di ricavarne un vantaggio elettorale.
A dire (“abbiamo bisogno di un’America che valuti le persone per quel che sono e non per quel che hanno”) e fare (togliere gli aiuti militari ai dittatori centro americani) cose sensate, Jimmy Carter perse le elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Legandosi mani e piedi ai Banchieri di Wall Street e raccontando balle insostenibili (“abbasso le tasse, così la gente è più contenta e paga più volentieri, quindi io incasso di più”) Ronald Reagan le vinse in trionfo 2 volte.

Mario Monti per ora sta dicendo e facendo cose sensate. Ha anche detto al Governo tedesco che invece di parlare della “necessità di una unità politica nell’Unione” sarebbe meglio agire in quel senso. Ad esempio, aiutando paesi come l’Italia (indebitati, ma solvibili) a pagare meno interessi, sostenendo con acquisti importanti il loro debito pubblico o emettendo titoli (i celebri Eurobond) assieme.
Se l’Italia non riesce a pagare meno interessi, ci aspettano tempi difficili. Crescita bassa, Stato che paga interessi alti, si rischia di innescare una stagnazione prima, con deflazione (i prezzi che calano in maniera patologica sarebbero l’ovvia conseguenza) poi, dalla quale si rischierebbe di uscire con le ossa rotte.

Al di là di quello che può fare SuperMario, chiediamoci cosa possiamo fare noi. Qualche idea: pagare le tasse, far pagare le tasse (evitando il “se non mi fai la fattura, mi fai lo sconto”), rinunciare ai doppi incarichi, favorire i giovani meritevoli nel turn over sul posto di lavoro.