Alle Maldive con un sassolino nella scarpa

Il praticante, Maldive, Paul Weller, SCHIROPENSIERO, VIAGGI

Sulle Maldive ho detto tutto. Ma ho ancora qualcosa da scrivere su quello che mi passava per la mente, mentre ero alle Maldive. Visto che all’arrivo nei resort di quelle isole vi invitano sempre a togliervi le scarpe e vi stimolano a non rimetterle durante il soggiorno, diciamo che ho scoperto di avere un sassolino nella scarpa.
Diciamo anche che questo articolo chiude un cerchio. Mi rimanda allo stato d’animo di un anno fa. Ovviamente, non tornerò su come si è concretamente chiuso il mio rapporto con la FIBS. Su questo avevo scritto un altro pezzo qualche mese fa. Che rappresenta una parola definitiva.

Da anni tengo diari di viaggio. E su uno di questi diari ho scritto il 27 dicembre scorso: “…Fino a un certo momento (direi il 2010), dopo un po’ di tempo di assenza mi subentrava la voglia di ricominciare. Adesso come adesso, questa voglia non mi tornerebbe neanche dopo 2 o 3 anni…e ovviamente, c’è una canzone di Paul Weller che descrive questo sentimento in modo perfetto: Has my fire really gone out
Questo sono io oggi. Ma sdrammatizziamo guardandoci il video della canzone. Che per la cronaca, è di oltre 20 anni fa.

Come avete visto, parlo del 2010 come data di svolta per il mio atteggiamento nei confronti dell’impegno preso con la FIBS. Fino al 2010 (ma a ben pensarci, qualcosa era successo anche prima; restiamo comunque a quella data), l’ho visto come una missione. La mia dedizione era completa, senza orari. Per la FIBS avrei fatto qualsiasi cosa. Poi, con il 2012 (e quella che ho chiamato “la terrificante campagna elettorale dell’Ingegner Claudio Carnevale”) sono iniziati gli anni horribilis. A inizio 2015 ho passato addirittura settimane a convivere con l’insonnia (un altro me aveva detto una volta: “qualsiasi cosa mi dovesse succedere, non perderei mai l’appetito e il sonno”).

Lavorare per la FIBS era quasi diventato un peso.
“Della FIBS e del mondo del baseball ero stufo da tempo” ho scritto nel gennaio 2017.
Ma quella era la vita che mi ero scelto, coronando un sogno di bambino. Non l’avrei abbandonata di mia iniziativa.
Il 21 dicembre del 2016 avevo appena acceso il cellulare quando ho visto il nome del Consigliere Federale, ed ex Vice Presidente, Totoni Sanna sul display. Ho risposto a Sanna che, con tutta la tranquillità del mondo, mi ha detto: “Ti hanno tagliato”.
Ho sentito un rivolo di sudore scivolarmi lungo la schiena. Lo so che è un’immagine stereotipata da letteratura pulp, ma l’ho sentito sul serio: proprio la goccia che camminava. Era gelida.

Non so come ho reagito. Ma dovevo avere una faccia poco promettente (come espressione, dico), visto che mia moglie non disse nulla. E abitualmente, quando mi squilla il telefono in vacanza, commenta abbondantemente.
Sanna proseguì, facendomi capire che ci sarebbe stata da parte della FIBS un’offerta paracadute.
“Tanto, uno come te, vuoi che non trovi un lavoro…magari non domani, ma oltretutto vivi in una zona dove le opportunità sono così tante…”.

Siamo il Paese dove si fanno i cortei di solidarietà per i cinquantenni esodati, ma questo cinquantenne non meritava evidentemente alcuna solidarietà.
“Cercare un posto fisso oggi, e a più di 50 anni, potrebbe rivelarsi FRUSTRANTE” mi annotavo.
E non solo la mia situazione non suscitava solidarietà. Non provocava nemmeno quel po’ di compassione che si deve a una persona che vive un disagio. Mi è toccato sentirmi dire “ma in fondo, eri lì da tanto”. Che grande sensibilità!

Questa è la cosa che mi ha fatto davvero male: constatare che c’era gente che proprio godeva di questa mia disgrazia.
In quei giorni del dicembre 2016, mentre provavo “l’inquietante sensazione di non voler uscire dal letto alla mattina”, ho fatto le più svariate ipotesi. Non ultima, quella del complotto (“i miei ex colleghi/sottoposti secondo me tutto sommato godono”). Confessavo a me stesso: “Purtroppo, non sempre riesco a controllare la rabbia”.

Il 2017 è stato il primo anno della mia vita iniziato senza la certezza di un lavoro: “Forse c’era stato il 1990” ho scritto “Ma ero militare e stavo svolgendo il servizio civile”.
Con questa “angoscia” sono tornato a Parma. Convinto del fatto che “il sole comunque sorgerà”, ma anche malinconico alla vista del mio zaino da trasferta sulla seggiola: “Mi ha dato tristezza l’idea che magari non farò più nessuna trasferta”.

In quei giorni ho deciso che non avrei scritto di baseball italiano per tutto l’anno. Non volevo correre il rischio di vedere le mie opinioni strumentalizzate e, soprattutto, non volevo farmi traviare dalla rabbia. Attaccare la FIBS solo perché la nuova gestione non mi ha più voluto, sarebbe stato meschino e poco professionale.
Già, a proposito di sentimenti meschini, dovevo convivere con questo: “Mi fa venire l’ansia l’idea che la mia situazione economico finanziaria si possa DETERIORARE in breve tempo, facendo sparire i PICCOLI PRIVILEGI che hanno caratterizzato gli anni dal 2002 a oggi…”.

In quei giorni ricevetti 2 telefonate che non avrei mai pensato di ricevere. Mino Prati mi propose di tornare a collaborare con Baseball.it (“tu sei una delle firme del baseball”) e Giovanni Colantuono mi propose di collaborare a BaseballMania.
Con entrambi mi sono scontrato per anni. A Prati avevo anche detto, in un momento di rabbia furiosa, pochi mesi prima: “Non vedo l’ora che sia il 31 dicembre 2016. Quando non sarò più addetto stampa FIBS, ti verrò a cercare”.
Lo so, non mi fa onore. E aggiungo che se uno dicesse a me una cosa del genere, non gli parlerei più. Prati mi proponeva addirittura di collaborare con lui a un sito. Ed è vero che Baseball.it avevo contribuito a lanciarlo (20002001), ma è altrettanto vero che nel 2012 aveva appoggiato una campagna elettorale tutta tesa a dimostrare che il vero problema del baseball italiano era l’Ufficio Comunicazione della FIBS.
Colantuono ha detto per anni di me cose terribili. Via e-mail arrivò persino a scrivermi: “Io ho fatto corsi da telecronista e collaborato alle pagine nazionali del Corriere dello Sport, non so se di te si può dire lo stesso”. Che sarebbe un po’ come se io scrivessi al mio cardiologo: “Quando ero a Cape Town, ho visto la clinica dove operava Barnard, non so se di te si può dire lo stesso”.
Anche Colantuono mi proponeva di collaborare gratis.

Ma torniamo al presente. Sempre grazie a un mio appunto: “Ho delle aspettative per il 2018. Un po’ perché è un anno pari, e fin da ragazzo ho avuto l’impressione (nell’incertezza) che gli anni dispari mi avrebbero portato sfiga. Un po’ perché voglio pensare positivo e credere che nel 2018 farò grandi cose. Sono un ragazzo di 54 anni che pensa positivo…e sicuramente, esiste al riguardo una canzone di Paul Weller“.

Ovviamente esiste. E si intitola Nova. Ha parole talmente ispirate, che Paul Weller ha chiamato Nova la sua ultima figlia. E colpiscono me come un pugno allo stomaco (la traduzione dall’Inglese dello stralcio è mia; il testo completo e originale lo trovate qui): “Non riesco a mollare/c’è ancora troppo da fare/Mi troverò una nuova vita/Come un fiume che scorre fino al mare”

Fa il paio, uso un altro passo dei miei diari, con questa auto esortazione: “Forza, allora. Volta pagina e fargli vedere chi sei”.

Visto che è iniziato il 2018, e che ho intenzione di tornare a scrivere di baseball italiano, voglio essere chiaro. Non sono disposto a regalare i miei articoli a nessuno. Chi è interessato a pubblicare qualcosa di mio, mi faccia un’offerta economica.
Voglio anche chiarire che non esiste al mondo, che io scriva per “vendicarmi” della FIBS. Ho sempre inteso dare il mio contributo al baseball (e, per quanto me ne sia occupate meno, al softball) scrivendo. Continuerò a farlo. Certo, sono uno spirito critico. Ma nessuno è obbligato a leggermi, se quello che scrivo non è apprezzato.

La cosa che più mi stupisce, alla fine del mio anno sabbatico, è che sembra che quest’anno non sia mai passato. L’unica cosa successa nel concreto sotto questa Amministrazione è che il massimo campionato di baseball non si chiama più Italian Baseball League e torna a chiamarsi Serie A1. Se organizzare il campionato con le retrocessioni può anche avere un senso (per me, si tratta di un errore; ma ci tornerò), quel che davvero mi sfugge è il senso di aver voluto buttare un nome che contiene la parola baseball e permette di creare un acronimo (IBL) facilmente ricordabile e, quindi, utile a identificare un potenziale brand. Serie A1 non ha nessuna caratteristica buona. Diventa anche difficile stilizzare un marchio, di un campionato che porta questo nome. Almeno lo avessero chiamato Serie A, c’era la speranza che qualcuno lo confondesse con quella di calcio
L’altra cosa incomprensibile è la presunta (perché mi pare che le tasse di tesseramento e il vincolo funzionino in modo diverso per le 2 categorie) parificazione dei cittadini dei Paesi dell’ Unione Europea agli italiani. Su questo, ho davvero molto da dire.

Chiudo con 2 comunicazioni.
La prima è il mio ennesimo grazie pubblico a Riccardo Fraccari, che mi ha dato un’altra opportunità di lavorare nel mondo del baseball. Abbiamo avuto scontri anche duri, durante il suo ultimo mandato da Presidente FIBS. E non era obbligato in nessun modo a propormi un incarico.
La seconda è la decisione di pubblicare i passi del mio diario di viaggio del dicembre 2016 e gennaio 2017 che fotografano il mio stato d’animo dopo essere stato “tagliato” dalla FIBS. Li troverete sulla mia pagina autore di Facebook (quindi NON il mio profilo personale) e avranno l’hashtag #schirotagliato.

Il sassolino nella scarpa non c’è più.

8-FINE