Lunga vita e prosperità

CINEMA, SCHIROPENSIERO

Il Capitano Kirk con buona parte del nuovo cast di Star TrekPrima di parlare di Star Trek-Into Darkness devo fare uno sforzo per non esaltarmi troppo. Non voglio infatti raccontare dettagli che potrebbero privare del piacere della visione altri Trekker.
Però su una cosa vado deciso: il film è esaltante, in alcune scene anche commovente. Ritmo, regia e montaggio sono a livelli d’eccellenza e l’uso del 3D esalta gli effetti special. Con 190 milioni di dollari di budget ci mancherebbe altro, direte voi. Ma dovete provare per credere e dirmi poi se esagero. Il prologo in particolare, intendo la parte di film che precede i titoli di testa, è senza respiro. E la scena della Enterprise che esce dalle acque, a dir poco memorabile. Stavo quasi per credere che fosse vera!

Il film contiene anche un messaggio politico molto forte. Condanna infatti in maniera decisa il preemptive strike che ha caratterizzato gli anni di George daboliu Bush alla Presidenza degli Stati Uniti. Sul finire, ho trovato facile identificare nella Enteprise tutta incerottata il simbolo dei valori che caratterizzano dal secolo diciottesimo il bello della società americana (libertà, iniziativa individuale, solidarietà nel senso di fare qualcosa l’uno per l’altro…) che resistono contro l’avanzare di un mondo che vede la condizione di molti piegata all’interesse di pochi (per parafrasare Spock, ovvio).
Star Trek, in fondo, è sempre stata l’esaltazione del politically correct intelligente. Non di quello che ti fa dire in pubblico di coloreZachary Quinto è il Mr Spock di Abrams anzichè nero e sentirti a posto così e magari dire che gli uh uh (che non sono ululati, ma il verso della scimmia…) a Balotelli li fai mica perchè è nero, ma perchè si comporta male. Il politically correct di Star Trek è piuttosto: prendo atto delle storture, ma io non sono così. E quando lo vedo espresso in film e telefilm, mi sento decisamente meglio.
Leggo in questo film anche la condanna del superomismo, non nel senso di Nietzsche (che non ha mai inteso identificare in un uomo specifico il superuomo; leggete Così parlò Zarathustra, che ha anche una prosa potentissima), ma nel senso in cui Hitler o Mussolini intesero usare Nietzsche per dare una giustificazione intellettuale alle loro indecenze.
Star Trek, non scordiamolo, resta il primo telefilm nel quale si vide un bacio tra un uomo bianco (il Capitano Kirk) e una donna di origine africana (Uhura).

Into Darkness è un film lunghissimo (oltre 130 minuti) ma che non annoia mai. E’ fortissimamente Star Trek (il famoso: “Le esigenze di molti contano più rispetto a quelle di pochi” di Mr Spock risuona dopo 5 minuti di film) e le citazioni soddisfano anche un Trekker di ottima memoria come me.Per dire, mi ero a suo tempo accorto del fatto che la presenza di Checov ne L’Ira di Kahn, il secondo film della serie (questo è il dodicesimo), non aveva senso. Nel telefilm della serie Classica in cui appare Kahn, il personaggio di Cechov non era ancora stato introdotto.
Ammetto che la citazione da L’ira di Kahn non è casuale, ma ometterò di approfondire per non rovinarvi il finale.

La splendida Alice EveInto Darkness è però decisamente un film di J.J. Abrams, un autore che ha la capacità di lavorare a suo agio con quel che la modernità concede di fare al cinema, ma che ha una mano piuttosto classica quando sta dietro alla cinepresa. Tanto che a volte mi ricorda Francis Ford Coppola.
Abrams è anche un eccellente paraculo. Inserisce la supersexy Alice Eve (attrice Inglese, classe 1982, che ha un certo curriculum ma, scusate il machismo, non è la prima cosa che viene in mente di dire di lei) sostanzialmente per farla vedere in costume da bagno (cosa di cui naturalmente non ci lamentiamo…) e dà il contentino ad inizio film a tutti quei Trekker (e non sono pochi) che vogliono leggere segnali di presenze aliene nel nostro passato ogni volta che una costruzione antica supera i 2 metri d’altezza.

Nel film c’è tutto: Kirk che non rispetta le regole ma lo fa perchè ci siano regole migliori in un futuro, Spock che non ha emozioni o forse sì, ma le tiene nascoste. Ci sono 2 cattivi. Uno che per un po’ pensiamo che non sia in fondo così cattivo e l’altro che, addirittura, crediamo che sia proprio buono.
Ci sono anche quelle discrepanze con lo Star Trek storico che sono giustificate dal fatto che questa è un’altra linea temporale (ve l’ho detto,L'Enterprise emerge dalle acque: bellissima! che Abrams è un paraculo…) rispetto a quella di Kirk degli anni ’60 e dei primi film. Come una Uhura creola (la bellissima Zoe Saldana) che è innamorata di Spock. E a ricordarci questo, appare anche il Mr Spock originale (Leonard Nimoy, ormai ottuagenario) dalla sua linea temporale su Vulcano.
D’altra parte, è proprio Star Trek (in particolare, la serie TV The next generation) ad aver reso popolare il complicatissimo concetto del Principio di indeterminazione di Eisenberg: non c’è una sola realtà, ce ne sono di più probabili di altre.
Ecco, l’unica cosa che mi è un po’ mancata in questo Star Trek è il sano tecno bubble (il linguaggio pseudo tecnico, che non vuole nella sostanza dire nulla, ma suona plausibile), ma capisco che in un progetto del genere non ci sarebbe stato. Per il resto c’è tutto: compresi i Nerd in alto in prima fila in un cinema quasi vuoto (ci sono andato alle 15.30 di domenica…). E me li immagino mentre (in chat tra di loro) sceglievano i posti per avere la miglior visuale con gli occhialini per il 3D e il miglior audio per il dolby surround della sala.

Alla fine il Capitano Kirk ci tranquillizza per il futuro: parte per una missione quinquennale e Alice Eve l’ha arruolata nell’equipaggio.