L’Oscar a “12 anni schiavo” mi ha riportato in Louisiana

CINEMA, SCHIROPENSIERO, VIAGGI

Nel giugno del 2000 ho risalito gli Stati Uniti da Key West alle cascate del Niagara. Non ho nessun appunto di quel viaggio, però ricordo bene che dopo una decina di giorni siamo arrivati in Louisiana.

Dopo la classica gita in barca per vedere gli alligatori e i procioni, nel Delta del Mississippi non resta che visitare quelle che erano le antiche piantagioni di canna. Ero con 4 amici, dei quali uno assolutamente coinvolto dall’esperienza e uno reso altrettanto scettico. Non ho dei ricordi troppo nitidi, ma certo ho ben presente che siamo andati a vedere quelle che erano le baracche dove vivevano gli schiavi. Proprio lì, ho messo il piede su un formicaio e mi sono ritrovato tutto morsicato da cattivissime formiche rosse, tanto che ho dovuto mettere il piede (portavo dei sandali da crucco) sotto una fontana. Subito dopo, abbiamo visitato una casa padronale.

Il 2 marzo del 2014 quella stessa casa l’ho rivista nel corso del film 12 anni schiavo. Ci hanno ambientato alcune scene previste nella proprietà di Edwin Epps, lo schiavista interpretato da Michael Fassbender. E per me è stato un flash. Tanto che, alla fine del film, ho fatto scorrere tutti i titoli di coda per essere certo che il luogo fosse proprio quello che ricordavo. Uscendo, mi sono chiesto se nel 2000 il concetto di schiavitù mi era chiaro e mi sono risposto di no.

Il regista Steve Mc Queen
Il regista Steve Mc Queen

La vicenda del film di Steve Mc Queen (che non è quello Steve Mc Queen, il protagonista di Papillon, che per altro è morto nel 1980, bensì un regista inglese nato nel 1969) è tratta dal libro che Solomon Northup ha scritto nel 1853, subito dopo aver riacquistato la libertà. Un libro che fu un bestseller della sua epoca, visto che vendette 30.000 copie, ma non portò tanta fortuna al suo autore, che morì 10 anni dopo in circostanze misteriose. Nel film di Mc Queen è l’attore inglese di origine africana Chiwetel Ejiofor a dare il volto a Northup.
La storia è questa: Northup, un trentenne relativamente benestante e sposato con 2 figli, viene attirato con la promessa di un lavoro lontano da casa, drogato, rapito  e ridotto in schiavitù. Viene venduto, lavora in diverse piantagioni e arriva a negare di saper leggere e scrivere pur di sopravvivere.
La scena in cui Northup, dopo la sbornia, si sveglia in catene è memorabile per come ci mostra cosa significhi perdere la libertà.

E’ una storia vera e certo, viene spontaneo chiedersi come sia possibile. Ma collocando la storia nel tempo, si capisce che lo era. Non qui in Europa, dove pure le cose all’epoca non andavano tanto bene: per dire, nella futura Italia era tutto un sorgere di moti Mazziniani di scarso successo. Ma negli Stati Uniti, che erano una nazione, le cose erano ancora più complesse.
Siamo nel 1841, nell’epoca in cui era fiorente la tratta interna degli schiavi. La Costituzione degli Stati Uniti aveva ratificato una tratta legale degli schiavi nel 1787, decretando che gli schiavi fuggitivi sarebbero stati restituiti ai padroni e che erano vietati emendamenti a questa normativa.
Negli Stati del Nord però lo schiavismo non esisteva più dal 1820, quando era nata la cosiddetta linea Mason Dixon, che separava il Maryland schiavista dalla Pennsylvania libera lungo il fiume Ohio.
Gli Stati Uniti erano divisi in 2 e negli Stati schiavisti dal 1832 era in vigore una legge contro l’alfabetizzazione dei neri. Il fenomeno del quale finì col diventare vittima Northup è conosciuto come Second Middle Passage. Il Middle Passage è la migrazione forzata, iniziata nel 1500, degli schiavi dall’Africa alle Americhe. Il secondo Passage è la migrazione forzata degli schiavi dal nord al sud degli Stati Uniti.

Lupita Nyong'O
Lupita Nyong’O

Temevo che il film di Mc Queen potesse essere ipocrita. Invece è tutt’altro. Anzi, è persino crudo e spietato, specie in una scena di fustigazione di Patsey, che mi ha portato con la memoria alla fustigazione di Gesù Cristo nel film sulla Passione di Mel Gibson: talmente violenta e realistica da farmi distogliere gli occhi.
Patsey (l’attrice kenyota ma nata in Messico Lupita Nyong’O, ha vinto l’Oscar come miglior attrice non protagonista) è la favorita di Epps, che ha per lei una passione insana, ovviamente avversata dalla moglie.

Credo che 12 anni schiavo abbia meritato l’Oscar per diversi motivi. La regia è fantastica, specie per come va a cercare i primi piani di attori bravissimi. Sia i protagonisti (Ejiofor e Fassbender) che i comprimari: il mercante di schiavi Paul Giamatti vale il prezzo del biglietto, Brad Pitt è sempre bravo, anche se come al solito si ritaglia (è il produttore) il ruolo del più giusto. Interpreta il canadese Samuel Bass, che sarà decisivo per consentire a Northup di riconquistare la libertà.
Soprattutto, ha meritato l’Oscar per come dice chiaro, dalla prima all’ultima scena, che nessuna legge ci può proteggere, se c’è qualcuno in grado di dimenticarsi di un valore come quello dell’uguaglianza tra esseri umani.

Solomon Northup vedrà Abraham Lincoln diventare Presidente degli Stati Uniti, vincendo (lui Repubblicano) le elezioni contro gli schiavisti Democratici del sud. Ma era già morto, quando il 6 dicembre 1865 una modifica al tredicesimo emendamento della Costituzione abolirà lo schiavismo.

Quella data rappresenta l’inizio di una lunga battaglia. Solo nel 1873, come ho scritto in un’altra parte del sito, chiuderà il Mercato degli Schiavi di Zanzibar. E ci vorranno ancora 100 anni per la fine dell’apartheid nel sud dell’Africa.

Quanto agli Stati Uniti, la Virginia (uno degli Stati schiavisti per eccellenza) arriverà a chiedere scusa per questo crimine orrendo. ma lo farà soltanto nel 2007.