Le meraviglie di Ngorongoro

FICTION E PROGETTI EDITORIALI, Kenya, Tanzania e Zanzibar 2013-2014, le mie bestie, VIAGGI

La settimana di Natale l’ho passata tra 2 parchi. O meglio, un parco (il Serengeti) e una conservation area (Ngorongoro).

Sul bordo del cratere
Sul bordo del cratere

In Italiano una conservation area è una riserva naturale.
Il centro amministrativo della riserva Ngorongoro non si presenta benissimo ai miei occhi. Mi trovo in fila con non meno di 15 autisti e guide che parlano ad alta voce in Swahili e fanno una sorta di blocco da pallacanestro di fronte a me.  Io sono convinto di avere le carte in regola per entrare velocemente, ma nessuno mi rivolge la parola. Quando un turista francese (tutto sudato) prende il coraggio a 2 mani e penetra nell’ufficio, faccio lo stesso. Ci sono 4 impiegati che compilano moduli e non mi guardano neanche e una specie di supervisore che mi osserva di sottecchi e poi decide di prendere in mano i miei moduli. Fa un cenno di assenso con il capo e mi prega di accomodarmi fuori. Nel giro di un quarto d’ora possiamo ripartire. Non che qualcuno ci abbia rivolto la parola, se non per confermare la mia domanda retorica: “Quindi è tutto a posto?”.
Il piano è raggiungere il Rhino Lodge (dove alloggiamo) e pranzare, poi portarci nel cratere. Leggo che si tratta in realtà di una caldera vulcanica, ovvero di un’ampia depressione di forma circolare che si forma su un edificio vulcanico dopo una imponente eruzione. Caldera significa caldaia in Spagnolo. Il cratere Ngorongoro ha un diametro di 16 chilometri e un’area di 265 chilometri quadrati ed è a tutti gli effetti la più grande caldera intatta del mondo.

La iena corre, i bufali osservano
La iena corre, i bufali osservano

Al Rhino però non ci vogliono. Almeno, non ancora. La stanza non è pronta, il ristorante non è attrezzato per cucinare a pranzo. Insomma, abbiamo sbagliato i calcoli. Patteggiamo così il ritiro dei cestini da viaggio (che in realtà non ci spetterebbero) e decidiamo di andare al cratere subito.
Checchè ne dica la guida Lonely Planet, la strada che scende al cratere è molto accidentata. Per fortuna però non piove e, benché questo porti a sobbalzare tremendamente, si procede a decente velocità. In teoria, per scendere al cratere sarebbe necessaria una guida che non abbiamo e che i Ranger non ci possono fornire, visto che sono solo in 2.  Ci avvertono che non possiamo tornare per questa strada, ma dobbiamo utilizzare un’altra uscita.
Noi siamo venuti a Ngorongoro perché è il posto che ha la maggior concentrazione di leoni di tutta l’Africa. Sono talmente tanti, che a volte salgono ai bordi del cratere. Al Rhino ci sono cartelli dappertutto che invitano a non uscire dal percorso che va dal ristorante alle camere ed espongono con grande orgoglio la foto di un elefante che transita a pochi passi dalla reception.
Come al solito, mi sono fatto un’idea esagerata: la mia visione del cratere prevede leoni ovunque. Ma in questa visita ne incontriamo un paio che si stanno palesemente riposando a bocca aperta. Siamo a un centinaio di metri e i leoni sembrano mansueti. Ma poco distante troviamo una carcassa di bufalo completamente spolpata.
Al cratere c’è ovviamente di tutto. Gnu e zebre sono in quantità impressionanti. Il lago sembra rosa, tanto è ricoperto di fenicotteri. Ovunque ci si giri, insomma, è pieno di animali. I bufali li avevo visti al massimo in numero di 4 o 5, ma qui ci sono mandrie intere.
Le 4 del pomeriggio arrivano presto e oltre non si può rimanere. Ma per fortuna, abbiamo pagato un altro ingresso (al modico costo di 200 dollari…) al cratere. Sono talmente carico il 27 dicembre (dopo essere andato e tornato dal parco Serengeti, di cui parlerò nel prossimo articolo), che punto la sveglia alle 5.30. Ma succede l’imprevisto: poco prima di entrare nel cratere, l’indicatore della benzina crolla. Sarà certamente un fusibile bruciato, ma non vogliamo correre il rischio che il malfunzionamento riguardasse l’indicazione precedente (oltre mezzo serbatoio) e così torniamo sui nostri passi (14 chilometri) per fare benzina e ci ripresentiamo all’ingresso del cratere dopo le 7. Peccato. I più contenti sono i Ranger, che ci vedono passare per l’ultima volta. Secondo me, non ci sopportavano più.
Visto dall’alto, il cratere è uno spettacolo meraviglioso. Durante la discesa si sperimenta la foresta pluviale, che riappare anche nella caldera, per quanto l’aspetto generale sia più quello della prateria. Proprio in un punto di foresta folta osserviamo un serval, un felino che (dice la Lonely) “E’ grande il doppio di un gatto domestico”. E’ anche poco socievole e sfuggente. Ci sono anche i suoi parenti grandi, cioè i leoni, ma dormono della grossa. Si tratta di un maschio e una femmina, sdraiati completamente allo scoperto: i vantaggi di essere al vertice della catena alimentare. Non molto distanti da loro, sazie e soddisfatte, ci sono le iene, invitati di seconda categoria al banchetto dei leoni.
Non è l’animale più popolare, la iena. Per dire: ci sono Riccardo Cuor di Leone, il Leone del Deserto e il Re Leone. Ma nessuno ha mai sentito parlare di Riccardo Cuor di Iena, de La Iena del Deserto o del Re Iena, se non in termini spregiativi.
Per dire della stronzaggine della iena: dev’essere l’unico mammifero che presenta un caso di dimorfismo sessuale al contrario, con la femmina più grande e più forte del maschio. E’ perchè se fosse il contrario il maschio si mangerebbe i cuccioli….

Il raro rinoceronte nero
Il raro rinoceronte nero

L’incontro che vale il prezzo (come detto, non basso…) della visita arriva quando stiamo ormai abbandonando il cratere. In mezzo alle decine di gnu si trova un animale molto più grande e solitario. Escluso che sia un elefante, visto che ne abbiamo visti a decine e mai solitari, lo inquadriamo con lo zoom della telecamera e scopriamo che si tratta di un grande rinoceronte nero. Si tratta del fiore all’occhiello di Ngorongoro, perché nel resto della Tanzania questo enorme mammifero detto tecnicamente perissodattilo (ovvero, dotato di arti con dita dispari, come il cavallo) è praticamente estinto. Il corno (un chilo d’oro vale circa 50.000 dollari, il corno del rinoceronte in Cina lo comprano a 60.000 dollari al chilo….) è la condanna del rinoceronte, oltre al fatto che le femmine figliano ogni 5 anni. La sottospecie che viveva nell’Africa occidentale è stata dichiarata proprio ufficialmente estinta nel 2006.
Fra l’altro, il rinoceronte nero (diceros bicornis) non è che sia proprio nero. E’ viceversa piuttosto grigio, come il rinoceronte bianco (ceratotherium simum). Che, appunto, non è proprio bianco. Ma si chiama così perché conosciuto inizialmente con una parola in Afrikaans (wye) che agli inglesi suonava come white (bianco) ma in realtà significa wide (largo). Allora, per distinguerlo han chiamato nero l’altro rinoceronte, che come colore sarebbe stato simile. So che potrebbe sembrare un delirio, ma è proprio così.

Il Rhino Lodge è gestito da una bella ragazza di origine indiana e da un francese che ha un 15 anni più di lei e sfoggia la giacca ricordo del parco Ranthambore, che è proprio in India. Ammetto di aver fatto diverse congetture sul come si potrebbero essere conosciuti.
Noi siamo gli idoli della ragazza indiana, perché siamo gli unici turisti che non hanno a tavola una guida e che guidano da soli l’auto. Dopo averci ronzato attorno per un po’, infatti si lancia e chiede come abbiamo fatto a organizzare.
Dal ristorante, dove si mangia molto bene e molto abbondante grazie a un buffet, si gode una vista privilegiata su un sottostante tratto di bush dove gli animali si aggirano senza timore. La stessa vista si gode dalle camere e la mattina presto ci svegliamo addirittura con una mandria intera di bufali, con tanto di piccoli, che pascola tranquillamente sotto le nostre finestre. Le antilopi sono praticamente residenti nell’area della reception.