L’avventura inizia da Nairobi

Kenya, Tanzania e Zanzibar 2013-2014, VIAGGI

Il 14 dicembre 2013 mi sono imbarcato dall’aeroporto di Heathrow a Londra per Nairobi, Kenya. Ho iniziato così le mie vacanze invernali e con questo pezzo parte il resoconto sul viaggio. Che è molto legato al progetto “Le mie bestie”. Ovvero il racconto della mia passione per gli animali, di come è nata (su alcuni libri) e di come ha raggiunto l’apice con le mie varie spedizioni africane o nei mari frequentati dagli squali.
Insomma questo, oltre che un diario di viaggio, è l’ennesimo modo che ho trovato per raccontare me stesso e le mie passioni

Nairobi vista dall'alto
Nairobi vista dall’alto

40 euro, Italiano”. E poi ride come Eddie Murphy. La poliziotta che rilascia il visto per entrare in Kenya all’aeroporto internazionale di Nairobi se ne frega bellamente della mia richiesta di avere un permesso d’ingresso che tenga conto del fatto che uscirò dal Kenya e poi vi rientrerò, durante il viaggio di ritorno verso l’ Europa. Ho dormito buona parte del viaggio, ma sono abbastanza stanco. Siamo 2 ore avanti, rispetto all’Italia e qui sono le 23. Per il mio orologio biologico non è tardissimo, ma sono in piedi dall’alba. La poca lucidità si esprime a contatto con lo sportello bancomat. Prelevo, in 2 tentativi, rispettivamente 2000 e 1000 scellini locali (1 euro=110 scellini), ma ne avrei voluti 15000. Comunque, salgo su un taxi e mi faccio portare al Fairview Hotel. Rispetto all’Italia, il Kenya è buio. Non si vede dove stiamo andando, ma si capisce che qualche problema di sicurezza c’è, visto che per entrare in albergo si deve superare un controllo tipo quelli dell’aeroporto.

Nairobi nasce come fermata della East African Railway a fine 1800. A quei tempi, gli animali giravano tranquillamente per le strade della neo nata città. La presenza di parecchi leoni finisce con l’attirare i tanti fanatici di caccia grossa e porta il Governo Coloniale a costruire i primi grandi alberghi. In breve, Nairobi diventa la capitale dell’Africa Orientale britannica, che corrisponde alle odierne Kenya, Uganda e Tanzania. Con qualche distinguo, che vedremo parlando più nello specifico della Tanzania.
Il Kenya nasce dalla conferenza di Berlino del 1884 e diventa protettorato britannico nel 1895. In verità, questa zona dell’Africa è abitata da milioni di anni. E’ proprio nell’Africa orientale che sono state trovate le tracce dei primi ominidi, antenati dell’homo sapiens. Comunque, la costa viene usata prima di Cristo dai greci come stazione di cambio e nel secolo quindicesimo arrivani prima i cinesi e poi i portoghesi di Vasco de Gama, che danno inizio al mercato degli schiavi. Utenti del mercato degli schiavi sono gli arabi. Di questa vergogna dell’umanità parlerò una volta in Tanzania, ma va ricordato che dal contatto tra gli arabi e le tribù locali (di lingua Bantu) nasce la cultura Swahili, che dà origine alla lingua comune a Kenya e Tanzania. Il termine deriva da una parola araba che significa costiero.
La conferenza di Berlino decise la composizione di ben 54 Stati dell’Africa senza consultare gli africani. Ma la presenza britannica nella zona orientale, visto che l’Impero aveva abolito lo schiavismo fin dal 1807, viene vista con favore. Se non fosse che la sistematica esclusione dei leader africani dal Governo della Colonia (che è tale dal 1920) fa nascere (1921) il movimento indipendentista KAU (Kenya African Union). Il suo leader è l’allora trentenne Johnstone Kamau,

Jomo Kenyatta
Jomo Kenyatta

che passerà alla storia con lo pseudonimo di Jomo Kenyatta (significa qualcosa tipo giavellotto del Kenya; gli è intitolato l’aeroporto di Nairobi). Kenyatta sarà il primo Presidente del Kenya e lo guiderà verso l’indipendenza. Di etnia Kikuyu (cultura Bantù), nipote di uno stregone, Kenyatta si era potuto pagare gli studi superiori in Inghilterra grazie a una colletta del villaggio. La sua Tesi di Laurea (1937; Kenyatta veleggiava verso i 50 anni di età) si intitola Di fronte al Monte Kenya ed è considerato un lavoro (venne pubblicato a Londra un anno dopo) di grande valore antropologico, visto che descrive con minuzia di particolari la vita in una tribù Kikuyu, l’etnia più diffusa del Kenya.
Tornato in Kenya, Kamau-Kenyatta viene ribattezzato dalla stampa britannica signore della morte, visto che viene considerato l’ideologo della rivolta Mau Mau, che aveva lo scopo di strappare le terre ai coloni e restituirle alle popolazioni originarie del Kenya. La rivolta viene soffocata nel sangue (1956), ma l’uscita della Gran Bretagna dal Kenya è ormai avviata. Inizia con il trasferimento dei poteri al Governo di Kenyatta (1960) e si conclude con l’Indipendenza, che ha la data ufficiale del 12 dicembre 1963: abbiamo mancato il cinquantenario di pochissimo!
Kenyatta, che ha governato un Kenya con un solo partito, muore nel 1978. Il suo successore Daniel Moi diventa il classico potente africano che si crede eterno. Emargina gli oppositori, poi fa ricorso a discutibili interventi sulla Costituzione per restare in carica. Il Kenya è in crisi economica negli anni ’90 ed è travolto dalla corruzione dilagante. Dopo l’attentato all’Ambasciata degli Stati Uniti a Nairobi (1998), il Kenya viene definito un paese non sicuro e questo fa calare notevolmente l’afflusso di turisti. Un colpo durissimo per Moi, che è sempre stato consapevole dell’importanza fondamentale del turismo naturalistico e, fin dagli anni ’80, aveva aggredito la piaga del bracconaggio con l’istituzione del Kenya Wildlife Service.
L’era di Moi finisce nel 2002, quando il NARC (National Alliance Rainbow Coalition) vince le elezioni e Mwai Kibaki è il primo Presidente del Kenya eletto dal popolo. La recente scoperta del petrolio nella regione del lago Turkana gli ha fatto dire: “E’ l’inizio di un lungo viaggio per l’economia del paese”.

Un mitico 'City Hoppa' a Nairobi
Un mitico ‘City Hoppa’ a Nairobi

Il Kenya è, a tutti gli effetti, in guerra con la Somalia. Il giorno prima del mio arrivo una granata ha colpito un mini bus in un sobborgo somalo di Nairobi e ci sono stati 4 morti. Si tratta di un’azione dei terroristi di Al Shahaab.
E’ comprensibile la nostra prudenza nel visitare Nairobi, che di suo non offre praticamente nulla, se non persone che cercano di appiopparti Safari e un mercatino Masai, che propone cose (bracciali, collane, piccoli utensili in legno) veramente poco interessanti. L’unico edificio storico è la stazione dei treni, dove si legge l’inquietante cartello Segnalate chi vi sembra troppo vestito per la temperatura. I treni partono una volta al giorno, quindi non ha senso che la stazione sia affollata.
Il mezzo di trasporto più usato dai kenyoti è il City Hoppa. A giudicare dalle cartine, credevo fosse una metropolitana. In verità, è un sistema di minibus stracarichi e che non garantisce nessuna puntualità.
Nairobi (che significa acqua in lingua Bantu) ha 3.5 milioni di abitanti (il Kenya arriva a 41 milioni) e tutti ci sconsigliano di andare oltre il centro. E’ domenica, non c’è tanto traffico e buona parte della vita cittadina si concentra in un parco (che i locali chiamano Central Park) dove l’attività più gettonata è un giro a dorso di cammello e dove entriamo in contatto con la prima parola Swahili della nostra permanenza: Jambo. Significa ciao o qualcosa del genere.
Visto che il Fairview Hotel è dotato di ben 4 ristoranti, decidiamo che non è il caso di rimanere in città per la cena.