Io e Billy Bragg

MUSICA, SCHIROPENSIERO

Alla fine di luglio del 2010 ero sotto stress e sfiduciato. Ero a Stoccarda e Classica espressione di Billy Bragg in concertonon vedevo l’ora di tornare a casa, che non è da me.
Una mattina sono andato in centro perchè dovevo spedire dei nastri betacam. Sono enormi e l’impiegato dell’ufficio postale di Stoccarda ha iniziato a guardarmi male, esattamente come avrebbe fatto l’impiegato di un ufficio postale in Italia. L’operazione è stata laboriosa e costosa, ma alla fine le cassette sono partite.
Erano le 11 e io avevo appuntamento per il pranzo alle 13, così sono entrato in un negozio di dischi. Come fanno tutti nei momenti di smarrimento, ho cercato qualcosa di rassicurante. Così mi è venuto in mente che tantissimi anni fa un Inglese di nome Billy Bragg aveva inciso una canzone dal titolo “Richard”, che io mettevo in tutte le compilation che facevo.

L’idea di compilation anni ’80 merita un po’ di rispetto e 2 parole, perchè la si registrava su cassetta, mettendo quella che chiamavamo piastra in pausa e facendola partire dopo che lo stunc della puntina che atterra sul vinile si era assestato e non poteva più disturbare la registrazione. Comunque, oggi è tutta un’altra cosa. Ed è anche una cosa più comoda. Fine della nostalgia.

Tornando a Billy Bragg, mi dicevo che era da un po’ che non ne sapevo niente. Esattamente da una Festa dell’Unità anni ’90 in cui aveva suonato a Parma davanti a un pubblico abbastanza timido, ma che comunque era saltato tutto in piedi grazie ad una versione scatenata di “Greetings to the new Brunette”, una delle sue canzoni più elaborate. Su disco, addirittura è incisa con 2 chitarre e viene meno alla formula-menestrello.
Sullo scaffale ho visto un cd che si intitolava “The essential Billy Bragg”. C’era “Richard”, c’era “New Brunette” e c’era “New England”, uno degli inni dei miei 20 anni, con quel I don’t want to change the world, I’m not looking for New England, I ‘m just looking for another girl.

Ho comprato il disco e sono tornato nella mia stanza d’albergo, ho acceso il pc e mi sono messo ad ascoltarlo.
Una canzone che non ricordavo, “Saturday boy”, dice: “I’ll never forget the first day I met her, that September morning was clear and fresh, the way she spoke and laughed at my jokes and the way she rubbed herself against the edge of my desk”. Mi piaceva così tanto che l’ho scritta e condivisa su Facebook. Ed è successo uno di quei piccoli miracoli che rendono la vita migliore: la persona con cui avevo visto Billy Bragg a Parma ha clickato su “Mi piace”.

Non avevo smesso di chiedermi a chi si riferiva quel “Mi piace” (perchè se ti piace “Saturday Boy”, ti devi riferire per forza a qualcuno che non ti ha proprio fatto star bene), che in un negozio di Londra la stessa persona che era con me a vedere Billy Bragg negli anni ’90 e che aveva segnalato “Mi piace” alle parole di “Saturday Boy” mi ha fatto notare che era in vendita un libro di Billy Bragg dal titolo “The progressive patriot”.

Ho comprato il libro e ho iniziato a leggerlo direttamente durante il volo di ritorno per l’Italia. Bragg, nella sostanza, vuole dimostrare con questo libro che il razzismo Inglese non ha senso, soprattutto perchè gli Inglesi non sono propriamente una “razza”. Anche gli abitanti dell’Inghilterra di oggi che definiremmo anglo sassoni, sono in effetti discendenti di diversi popoli e non solo gli angli e i sassoni. Lo stesso Billy Bragg ha un nonno che viene dall’Italia e infatti lui si definisce: “Un Inglese con una bottiglia di limoncello in frigo”.
All’epoca in cui ho letto il libro, mi ero da tempo assassinato il cervello ascoltando ripetutamente una canzone del disco comprato a Stoccarda: “Must I paint you a picture”. “If this is rain” canta Billy “Let it fall over me and drown me. If these are tears, let them fall”. E sentivo una grande affinitàBilly Bragg e la sua amatissima chitarra elettiva, con l’autore di queste parole. Ma non avrei mai pensato di leggere come era nato il suo amore per la musica. Ai tempi della scuola, su una corriera con i suoi compagni, aveva incrociato un altro autobus di ragazzine. Dopo aver scambiato diversi segnali, il pullman delle ragazze ad un bivio aveva preso un’altra strada, Al culmine della disperazione, la radio aveva mandato quella canzone di Simon e Garfunkel che dice: “I’m just a poor boy and my story is seldom told”. Dice Billy nel libro: “Quella canzone parlava di me”.

Mercoledì 11 maggio 2011 sono tornato a vedere Billy Bragg al Circolo degli Artisti a Roma.
Per quanto abbia fornito la versione ufficiale che “ero a Roma”, in realtà ho organizzato molto tempo prima i miei impegni in modo da essere a Roma. Perchè non potevo perdere quel concerto: era una scommessa con me stesso, volevo riflettere su cosa era successo da quel giorno del luglio 2010 ad oggi e volevo farlo con la colonna sonora originale.
Neanche a farlo apposta, una delle prime canzoni che Bragg ha suonato è stata “Saturday Boy”. E per me è stato un regalo bellissimo. La cantavo a squarciagola e nessuno attorno a me mi seguiva. Con altre canzoni (“New England” soprattutto) è stato diverso, ma “Saturday Boy” era solo mia.

Billy Bragg sul palco, un po’ appesantito rispetto alle foto dei dischi che ho in casa. Invecchiato come invecchiano gli Inglesi, che sembrano il papà della persona che ci ricordiamo noi. Ma la voce è quella. E, soprattutto, la grinta è quella: “Sapete perchè faccio ancora questo mestiere stupido? Perchè la sera, quando sono al buio davanti a 500 persone, so che non sono davanti a degli sconosciuti. Voi mi aiutate a battere il mio cinismo, a credere che ci sono altri al mondo che vogliono un mondo migliore”.

Non ho avuto bisogno di altro per commuovermi.
Questa è passione vera. Billy Bragg è uno di quelli che dopo il concerto, se se ne fosse andato a passeggio per Roma, non avrebbe dovuto evitare i fan e non avrebbe avuto le groupie ad aspettarlo. Ma Billy Bragg è uno che ha fatto quello che ha voluto nella vita, combattuto a modo suo per i suoi ideali, fatto i suoi errori (“ci potete credere, che ho aiutato Tony Blair ad essere eletto”?) ed è ancora lì. Conscio che non cambierà il mondo. Ma sicuro che in questo modo combatterà il suo cinismo. E, magari non lo sa, ma aiuta a tenere sotto controllo anche il mio.

Questa sera, martedì 17 maggio, torno a vedere Billy Bragg. Con me ci sarà la persona con cui l’ho visto negli anni ’90. La stessa che ha messo “Mi piace” alle parole di “Saturday Boy” e che mi ha segnalato il libro. E’ una storia che continua.