Il giorno che mi è toccato vedere gli Yankees vincere le ‘World Series’

BASEBALL, SPORT, VIAGGI, World Series 2009

Lo Yankee Stadium il giorno di gara 6 delle World Series 2009Ho perso il conto di quanti parenti ha Sal Varriale a New York. Per la verità, faccio fatica a contare i fratelli (uno si è intrattenuto al telefono con Sal per tutta una sera, un altro è venuto e se ne è andato prima che io lo potessi salutare Lui non è permaloso, ha scritto la Bibbia dei permalosi…), ma gli zii li ricordo benissimo.
Tommy, che viene da un paese vicino ad Agrigento e parla sicuramente meglio l’Italiano dell’Inglese pur essendo qui da 50 anni, ci invita a pranzo. E’ titolare di T&F pork shop e se la deve passare bene, visto che ha una casa a Pompano Beach in Florida. Da quel che capisco, lui in Italia non ci torna perchè la criminalità organizzata ormai prende il pizzo da tutti: “Una volta, lo prendevano solo dai ricchi sul serio”. Curiosa teoria.
Sua moglie Yolanda in compenso ci ingozza: antipasto con prosciutto di Parma, mozzarella, olive, pomodori. Rigatoni alla Varriale (ovvero con sugo di pomodoro, formaggio grattugiato, salsa supplementare e ricotta) e quelle che la Yolanda chiama bistecche, che in realtà sono rib eye, ancora meglio del filetto. Con rammarico, Tommy stesso dice che il suo caffè per un Italiano è lungo.

Sal non lo si tiene e siamo allo stadio alle 3.40. Da programma, la partitaGli Yankees festeggiano il titolo numero 27 inizia alle 7.57: credo ci toglieremo la voglia di ‘Yankee Stadium’ nuovo. Che è qualcosa di spettacolare. Anche troppo, dicono le radio di New York specializzate in Talk Show sportivi. Ci sono talmente tante attrazioni che la gente finisce con il non rimanere al suo posto e c’è meno tifo che, ad esempio, a Phillie.
E’ confermato che i posti del terzo piano costano 500 dollari.
Noi per altro siamo da quelle parti, assieme alla stampa di Philadelphia. Siamo di fatto in alta montagna (sopra l’esterno destro) e fischia un vento che mi invita ad acquistare una felpa. La ragazza che me la vende (latina, come tutto il personale dello ‘Yankee Stadium’) capisce quello che dico a Sal e mi chiede se me la voglio mettere subito. Ma a ben pensarci, il freddo forse era solo una scusa per comprare la felpa, che avevo adocchiato già da un po’.
Un biglietto di livello campo è stato venduto su E-Bay a 22.000 dollari. Potevano venirmi a chiedere il mio pass di tribuna stampa, che ci si metteva d’accordo per meno…lo zio Tommy mi ha ripetutamente invitato a guardarla in TV con lui, che secondo lui si vede meglio.

Hideki MatsuiSe lo avessi fatto, non me lo sarei mai perdonato. Anche incassando 22.000 dollari.
Quando inizia la presentazione delle squadre, l’atmosfera si sta scaldando. Entra in campo Mary J. Blige, una cantante nata proprio nel Bronx. La sua versione dell’Inno Americano mi fa letteralmente venire la pelle d’oca. Sento che mi stanno venendo le lacrime agli occhi e mi sento vagamente patetico. Poi vedo inquadrare sul mega schermo la panchina degli Yankees. Robinson Cano ha le lacrime agli occhi (e, come me, non è statunitense). A-Rod entra in campo prendendo un gran respiro. L’altoparlante diffonde “Welcome to the jungle” ad un volume altissimo. Accolto da un boato, lancia la prima palla Scott Brosius, eroe delle vittorie degli Yankees degli anni ’90 del secolo scorso. Sono carico come una molla.

Più di me lo è Hideki Matsui, che batte un fuoricampo al primo turno, un singolo al secondo e un doppio al terzo. In totale spinge a casa 6 punti. Considerando che gli Yankees ne segnano 7, direi che il suo contributo l’ha dato. E vai con un altro record: nessuno ha mai fatto meglio e per trovare un battitore che ha eguagliato colui che i giapponesi chiamano Godzilla bisogna andare alle World Series del 1960 e a Bobby Richardson (un altro Yankee).
Il pubblico regola vecchi conti in sospeso con il lanciatore dei PhilliesQuesta foto con gli Streinbrenner spero non circoli a Boston... Pedro Martinez (ex Boston…) e lo tormenta con la canzonicina Who’s your daddy.
E’ incredibile come tutto lo stadio saluta Andy Petitte, lanciatore degli Yankees, quando esce dal campo. Sarà il vincente, grazie ad una prestazione da mostro. Ma non era vecchio e stanco?
Quando ormai è chiaro che vinceranno gli Yankees, andiamo dietro casa base, dove ci sono i veri tifosi. Cioè una manica di scoppiati. Sal si scambia gli high five ogni volta che c’è un out. Coinvolgono anche me, che notoriamente sono tifoso dei Red Sox. Ma ormai è una festa e basta.
Quando la partita è finita (7-3, per la cronaca) ci precipitiamo in campo. C’è una coda interminabile di giornalisti e fotografi che devono entrare. Arriviamo sotto il palco delle premiazioni, con il Commissioner Bud Selig che consegna il trofeo agli Yankees e il titolo di MVP a Matsui. Il giapponese, attraverso un interprete, fa esplodere lo stadio dicendo che vorrebbe proprio rimanere.
Sal mi coinvolge a fare una foto con la famiglia Streinbrenner (proprietari degli Yankees). Io cerco di fare finta di niente, ma è lo stesso Streinbrenner junior (uno che avrà la mia età) che mi chiama e mi obbliga a posare con lui, sua moglie (che si dice italiana) e suo fratello.

Ragazzi, volevo confermarvi che IO C’ERO!

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