C’è un perchè per la morte di Greg Halman?

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Pensavo che la morte di Greg Halman è una cosa terribile. La morte è sempre terribile, quasi intollerabile, quando si porta via un giovane. In questo caso poi parliamo di un giovane di successo (un giovane “che ha tutto”, secondo un celebre luogo comune). Mi turba molto anche il fatto che Halman lo avevo incrociato 9 giorni prima che morisse, senza ovviamente sapere che sarebbe stata l’ultima volta che lo avrei visto. Lo avessi saputo, quel giorno non mi sarei arrabbiato (non mi sono arrabbiato con lui, per altro). E a questo punto mi viene tutta una serie di considerazioni banali, che eviterò di condividere con voi, sulla precarietà del nostro percorso terreno. Cerco di andare oltre l’ovvio.

Greg HalmanGreg Halman non lo conoscevo. Quando firmò per i Seattle Mariners ero scettico sul suo effettivo valore, visto che di lui non avevo mai sentito parlare. Mi spiegarono che in effetti Greg era rimasto fuori dal giro delle nazionali giovanili perchè punito a causa di una bravata (assieme ad alcuni altri giocatori, aveva ucciso dei polli, se non ricordo male). Mi ricordo che sembrava che la sua carriera da pro fosse verso la fine, visto che faceva fatica a superare i livelli delle Leghe Minori con automatismo. Ma nel 2007, capii che aveva qualcosa in più della massa quando riportò l’Olanda in parità in una partita ad eliminazione diretta contro Taiwan con un fuoricampo al decimo inning. Aveva da poco compiuto 20 anni.

A proposito di bravate, ne fece una in coppia con Alex Liddi: comprare un’auto e andarci in giro per mesi senza che nessuno dei 2 avesse la patente. Cosa che negli Stati Uniti è clamorosa: non tanto comprare la macchina e andarci in giro, ma non essere mai fermati dalla polizia.

Le bravate non vogliono dire nulla. Io, che a mio tempo ero considerato il più bravo ragazzo del mondo, ne ho fatte a tonnellate. Compreso tirare biglie di vetro con una fionda contro le vetrine del centro di Parma a dicembre. Avevo 13 anni e non 20, ma se mi avessero beccato sarebbe stato considerato uno scandalo lo stesso. Voglio dire con questo: si possono fare bravate per il gusto di farle senza per questo essere cattivi.

Quando ho ricevuto la notizia della morte di Greg Halman, istintivamente ho fatto il mio lavoro e ho cercato i dettagli. Quando ho capito cosa era successo (tutto lascia pensare che l’omicida sia il fratello di Greg Halman, Jason), mi sono quasi disperato. E mi è venuto da dire che questo deve essere un mondo davvero privo di valori, se un ragazzo può morire accoltellato per mano di qualcuno che gli è vicino. Ma mi sono fermato in tempo, prima di prendere la strada che mi avrebbe portato inevitabilmente a fare il paragone tra i giovani d’oggi e i giovani di ieri (tra i quali, benchè in verità io continui a considerarmi piuttosto giovane, temo di dovermi annoverare). Meno male almeno questo: non avrei sopportato vedersi compiere la mia trasformazione in vecchio.

Fino a che non si saprà ufficialmente cosa è successo, è inutile fare ipotesi relative alla rilevanza sociale della vicenda, che magari non c’è neanche. Nel senso che è possibile non ci sia nessun insegnamento da trarre da questa tragedia, che potrebbe ridursi ad un banale episodio di cronaca nera.

Dico banale, perchè a volte i presupposti che portano al verificarsi di un episodio di cronaca nera sono di segno esattamente contrario all’episodio in sè. Lavorando al radio giornale, ad esempio, mi capitò per le mani la notizia di un efferato omicidio. Un filippino era stato assassinato a coltellate e non si capiva quale potessere essere il movente. Un brillante investogatore della Squadra Mobile scoprì che la vittima era in verità uno sfruttatore e che il suo omicidio era stato concertato da diverse persone, che se ne volevano liberare. Non ci si pensa, che nella vita reale possano succedere queste cose. Quando ce le troviamo per le mani, rimaniamo di sasso. Ma un omicidio è un crimine orrendo, anche se chi lo compie agisce spinto da una situazione in cui è effettivamente la vittima. Banale, quindi, in questo senso: c’è un crimine, c’è una vittima e c’è un criminale. E a poco serve speculare sul perchè, almeno dal punto di vista di chi deve scoprire la verità.

La legge sulla Privacy olandese non consente di fare il nome di chi è investigato per un crimine e quindi nessuno in Olanda ha potuto ufficialmente fare quello di Jason Halman. Ci hanno pensato naturalmente i giornalisti. Noi (intendo, noi giornalisti) in Italia siamo abituati ad un rapporto con gli investigatori fatto di notizie ‘non ufficiali’ che però sono vere. Il giornalismo americano viceversa è abituato a trattare solo notizie ‘ufficiali’ o ipotesi che però vanno circostanziate. Non c’è obbligo di rivelare la fonte, a meno che rivelare la fonte sia penalmente rilevante. Questo è vero ovunque. Però un giornalista italiano scriverebbe che “tutto lascia presagire che” (notizia avuta in via ‘ufficiosa’ ma vera), mentre un giornalista americano scriverebbe che “ce lo conferma una fonte che però vuole rimanere anonima” (notizia, allo stesso modo, avuta in via ‘ufficiosa’ ma vera).

Jason Halman verrà, comunque trattino la cosa i giornalisti, verosimilmente rinviato a giudizio e processato per l’uccisione del fratello. Non c’è un altro sospetto.

Io ho grande rispetto per la famiglia, per quei genitori che perdono 2 figli in un momento solo. Ma provo un dolore vero per Greg, strappato alla vita quando stava arrivando al massimo. E mi dico che, qualunque sia la prospettiva da cui guardo la vicenda, è tutto così crudele. E non so trovare altre espressioni che siano un “Perchè?” detto sottovoce.